di Lorenzo Maria Pacini
Il recente decreto-legge del 5 gennaio del Governo Draghi sancisce l’ennesimo atto capitale per il mondo accademico e scientifico: in nome della scienza stabilita unilateralmente dallo Stato e contro ogni confronto scientifico, viene previsto l’obbligo vaccinale per i docenti universitari, molti dei quali appunto ricercatori e scienziati. Il paradosso raggiunge così un nuovo traguardo nella demolizione della scienza stessa, andando di fatto a compromettere ogni spazio di dibatto e a squalificare automaticamente quanti non sono allineati alla narrazione imposta. Il metodo scientifico crolla, Galileo è spodestato, secoli di scienza e di prediche sull’importanza del progresso lasciano il passo al pensiero unico emanato da un Ministero.
L’agghiacciante chiarezza con cui il Governo attenta alla scienza, ponendosi diametralmente dal lato opposto ad essa, manifesta un’altrettanto evidente volontà di non trovare una soluzione alla questione pandemica secondo i criteri scientifici, come testimonia il già più volte evitato confronto con i numerosi ricercatori, docenti, scienziati del mondo biomedico e giuridico che hanno dimostrato con rigore gli errori del Governo e proposto soluzioni alternative a quelle decretate come “ufficiali”.
Per noi professori universitari si tratta dell’eutanasia della ricerca accademica, perché nuovamente nella Storia ci viene impedito di svolgere il nostro lavoro in coscienza e libertà, imponendoci un silenzio che grida giustizia. La follia in atto non potrà che portare laddove tutte le follie sono solite condurre: al baratro della società, nella piena consapevolezza di aver escluso quanti con senso del dovere e passione per il progresso hanno dato lustro al Paese e contribuito al bene comune.
Foto: Idee&Azione
16 gennaio 2022