di Lorenzo Marinoni
Per decifrare alcuni aspetti significativi della battaglia spirituale che si sta combattendo in questo cruciale momento storico, ritengo importante soffermarsi su un tema in apparenza del tutto inattuale: l’ideologia marxista, almeno in alcuni suoi tratti salienti. Intendo partire da due caratteristiche peculiari del marxismo: la sua idea classista della società e un desiderio di rivalsa carico di risentimento sulla base del quale invertire la gerarchia delle forze sociali.
Chi ritiene il tema del marxismo un problema superato non dovrebbe, per coerenza, neppure sventolare ad ogni piè sospinto lo spauracchio del fascismo. Eppure coloro che d’ora in poi chiamerò “marxisti” fanno proprio questo: si distinguono per incoerenza, applicando sistematicamente un doppio metro di giudizio a ciò che suona loro affine o estraneo.
Le considerazioni che mi appresto ad enunciare prescindono da qualsiasi simpatia o antipatia politica e chi, nonostante questa preventiva rassicurazione, volesse insistere nel metterne in dubbio l’onestà, fornirebbe la dimostrazione plastica di essere accecato proprio dal tipo di odio ideologico in oggetto. Il giudizio sommario proveniente da questo genere di lettore non farebbe che confermare, suo malgrado, proprio la bontà dell’argomentazione.
Non si tratta di allestire un anacronistico processo alle intenzioni sull’onda di un torbido revisionismo destrorso. Non si tratta neppure di prestare il fianco all’etichettatura di “fascista”, abusata all’inverosimile dal recente periodo pandemico per infangare chiunque problematizzasse il pensiero unico di matrice marxista-globalista come qui lo si intende.
I “marxisti” peraltro sono persone davvero confuse – come spiegherò in seguito – e, mancando di una conciliazione pacifica con la propria anima, indulgono nell’atteggiamento adolescenziale che li definisce non per quello che sono, bensì per quello che non vogliono essere. L’antifascismo di costoro non ha cognizione di causa, ma costituisce un mero puntello per sentire di essere qualcosa. Se così non fosse i “marxisti” non avrebbero mai accondisceso a provvedimenti realmente nazifascisti come quello del Green Pass. Ma a quanto pare è avvenuto proprio il contrario: partiti e associazioni di sinistra si sono schierati in prima linea nel voler vessare gli sporchi “no vax”.
Quella che segue è un’analisi che ritengo doverosa in un momento nel quale le contrapposte ideologie del novecento sembrano combinarsi e convergere in modo stupefacente e inaspettato. Il motivo non va cercato nei dettagli o nei proclami di facciata delle ideologie stesse, ma nell’identità delle forze spirituali che ispirano le une e le altre. Bisogna educarsi a distinguere ciò che è essenziale da ciò che è accidentale: una facoltà che la maggior parte degli uomini sembra aver smarrito.
Non temo smentite nell’affermare che non ha precedenti storici l’iperbole di cattivo gusto raggiunta nell’ultimo anno da tutti quei politici, intellettuali e giornalisti occidentali i quali si dicono con orgoglio antifascisti. Pur di esecrare l’azione militare russa in Ucraina, costoro non solo ostentano indignazione affermando falsamente essere la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che un conflitto armato viene scatenato in Europa, ma addirittura proclamano il loro appoggio morale ad un regime di stampo neonazista spacciandone senza ritegno l’operato per una riedizione slava della resistenza partigiana.
Del resto è ormai palese che l’ipocrisia di questi loschi figuri, ramificati come un cancro in ogni ambito della vita sociale, si è portata tanto avanti da indurli ad applicare senza alcun pudore il loro caro doppio standard: la sovranità della nazione ucraina è sacra, mentre quella della nazione italica va sacrificata senza se e senza ma sull’altare della von del Leyen o di chi l’ha messa dov’è.
Se in Occidente propugni ideali nazionalisti sei automaticamente un sovranista trumpiano, che merita il dileggio e il disprezzo riservati all’ex Presidente USA, mentre se rispetti come se fossero rivendicazioni di fine levatura morale le bizze di Zelensky meriti la patente di difensore della democrazia. Guai toccare i burattini della cricca di Washington, che a quanto pare si è sbarazzata con metodi eminentemente antidemocratici di Trump stesso a favore del burattino locale Biden. Del resto ai guerrafondai della schiatta di Obama è bastato chiamare per decenni le loro aggressioni a Paesi sovrani “esportazioni di democrazia” non solo per farla franca, ma per meritarsi addirittura il Nobel per la Pace…
Quando si giunge a tali livelli di perversione autoreferenziale – altrimenti detta delirio di onnipotenza – i giochi diventano chiari e l’occasione è propizia per osservare il punto di tangenza tra visioni del mondo che la narrazione storica passivamente condivisa ha sempre caratterizzato come polari.
Se il mondo della cultura italiana post bellica si limitò in un primo tempo a rigettare il fascismo, con il crollo dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda divenne per la sua quasi totalità incondizionatamente americanofilo.
I “marxisti” avevano finalmente ottenuto di legittimare senza più infingimenti la propria soggezione perpetua all’egemone a stelle e strisce in nome del vecchio debito dei partigiani verso i liberatori yankee? Fu la caduta del Muro di Berlino l’imperdibile occasione per rimuovere l’ultima remora ad abbracciare in toto il cosiddetto atlantismo, rappresentata fino al giorno prima dagli strascichi della scomoda presenza di Stalin al tavolo dei vincitori di Yalta? È probabile, come si vedrà, che questi scrupoli morali non si addicano affatto a certi lugubri soggetti e solo l’ingenua buona fede di chi scrive può indulgere in tali interrogativi.
In ogni caso con l’avvento degli anni 90 si verificò una curiosa mutazione negli intellettuali e nei politici di sinistra, che grazie alla sconfitta del nazifascismo nell’arco di 40 anni avevano occupato tutti i principali luoghi della cultura e delle Istituzioni. Essi conservarono nel profondo l’indole marxista, ma cercarono di occultarla, prima di tutto ai loro stessi occhi, dimenticando non più per cieca partigianeria gli esiti disastrosi del marxismo applicato concretamente alla società, ma grazie al prospettarsi di un mondo unipolare a guida americana senza più ostacoli di sorta.
Gli intellettuali di sinistra non rinnegarono mai la loro ideologia: essi colsero l’opportunità di frequentarla dietro la maschera della liberal-democrazia, da cui desunsero pure il nome per il loro “nuovo”, vuoto, partito politico.
Per comprendere i più profondi motivi per cui idee di estrema destra, di estrema sinistra e liberal-centriste si mescolino oggi in un enorme calderone dove le une si fondono con le altre nella più totale disinvoltura, non è a mio avviso tanto importante rifarsi alla pur ingombrante trasversalità del lobbismo, quanto piuttosto ripartire proprio dalle origini: dalla vis del marxismo. Il suo pathos distruttivo ha sempre trovato il modo per mimetizzarsi tramite l’impianto teorico di tipo meccanicistico del marxismo stesso. Relegare la cultura e lo spirito di chi la promuove a epifenomeni accidentali della lotta per il possesso dei mezzi di produzione è lo stratagemma per rivestire con uno scafandro di razionalità un mero istinto vendicativo. Il marxismo interpreta alla perfezione la schizofrenia dell’uomo contemporaneo: un arido pensatore che pensa pensieri astratti, staccati dalla vita, e che si abbandona agli istinti più selvaggi per riempire il vuoto di senso generato dal suo scollamento dalla realtà.
Oggi la corazza dell’impianto teorico marxista si rivela essere un diafano paravento, sempre meno capace di arginare la faziosità rissosa di una forma mentis tra l’altro squisitamente antiscientifica, la quale esplode in mano proprio a quell’intellighenzia persuasa del contrario: di dar voce con coscienziosa perizia ed oggettività granitica ad una spassionata disamina della realtà e della Storia. Narrazione vaccinale docet.
L’intellettuale di sinistra scambia il materialismo di stampo marxista per scienza oggettiva a motivo del suo asettico pragmatismo e si ritiene perciò egli stesso ed a torto immune dalla soverchiante emotività che invece impregna lo spirito marxista in quanto tale. Al contempo egli è portato ad attribuirsi un primato culturale pur avvallando un’ideologia per la quale la cultura è un’accessoria sovrastruttura ideologica.
La stigmatizzazione del nazifascismo come espressione del Male assoluto ha per un verso distratto da mostruosità almeno di pari livello perpetrate dal regime sovietico e per l’altro verso ha favorito al massimo grado la suddetta cecità per i fondamenti platealmente erronei e geneticamente conflittuali dell’ideologia marxista.
Laddove le marchiane contraddizioni del “marxista” si sommino ad un dato biografico – come può essere la discendenza da combattenti partigiani – il conflitto interiore diventa deflagrante.
Da chi ha poppato odio inconsapevole fin dalla culla – ulteriormente alimentato in età più matura sia dalla narrazione delle effettive angherie belliche subite dagli avi più prossimi per mano fascista, sia dall’acritica accettazione della prosopopea falce e martello – non ci si può attendere altro che riversi la stessa cattiveria su chiunque metta in discussione le sue posizioni, indipendentemente dagli argomenti con cui lo fa.
L’atteggiamento censorio, fazioso, arrogante e intollerante dell’attuale giornalismo italiano mainstream – ben allenato durante il delirio pandemico – è parimenti l’onda lunga del veleno marxista riversatosi fin sul terreno della divulgazione e dell’informazione, figlie dell’establishment culturale di cui si è detto. È evidente che il tenore del discorso è trapassato identico a sé stesso dalla narrativa pandemica a quella russofoba. I camaleonti “marxisti”, pur di compiacere l’ideologia globalista, sono passati dall’apologia di Togliattigrad alla condanna di Putin come criminale di guerra.
Inoltre, per un noto processo psicologico – per la verità permeabile a qualsiasi schieramento politico-ideologico chi non vuole vedere l’odiatore che ha coltivato – magari per una vita intera – nella propria anima sporcandola è incline a proiettarne i tratti sul nemico designato e se la prende con lui invece di correggere sé stesso. Quanto più è radicato il male animico, tanto più insostenibile è la sua presenza e prepotente la sua proiezione.
Va da sé che pure l’amorevole correzione del prossimo – uno tra i principi morali del Cattolicesimo – è del tutto bandita da questa disposizione d’animo.
Gli odiatori seriali accusano così i loro detrattori di essere – of course – degli odiatori!
In questo caso specifico essi dimostrano un acume encomiabile nella disamina della realtà fattuale. L’unico loro difetto è che non sanno di descrivere la loro stessa immagine, specchiata dalla presenza dell’altro.
Come gli indemoniati schiumano sempre più rabbia ad ogni imposizione della croce, così i “marxisti” si scompongono nelle più feroci contorsioni ad ogni argomento enunciato a loro sfavore da esorcisti senza intenzione.
Il “marxista” cementa così, senza contraddittorio, la propria presunzione di bontà, vale a dire la convinzione di essere dalla parte di una ragione incrollabile, giustificando al contempo ai suoi stessi occhi qualsiasi vessazione, verbale o fisica, riservata senza troppo pensarci al nemico di turno.
Va inoltre sottolineato che la dinamica psicologica appena descritta, estesa su larga scala, contraddistinse la collusione del popolo tedesco nella sua maggioranza alle atrocità consumate dal Nazismo. Anche questo è un dato che corrobora la tesi secondo cui il Male si è espresso e si continua ad esprimere nello stesso modo pur prendendo a prestito le più opposte ideologie. Le caratteristiche del Male possono perciò essere descritte grazie all’individuazione dei motivi involutivi che sotto la superficie visibile accomunano le une alle altre.
Il substrato ideologico della modernità tutta è senza dubbio incarnato particolarmente bene proprio dal marxismo, con le sue due colonne portanti del materialismo e dell’agnosticismo: fusi oggi nel transumanesimo, che è una sorta di religione della materia afferente ad una forma fanatica di scientismo totalitario e tecnocratico.
Sulla testa dei marxisti pende infine un’ulteriore aggravante. La loro vecchia Weltanschauung, oltre ai tratti appena descritti, è caratterizzata da un altro aspetto deteriore intrinseco, cioè da una forma di miopia che si traduce in pratica nel più sanguinoso autolesionismo.
Accanirsi contro i “padroni” – assimilando alla leggera e senza prove l’intraprendenza industriale, borghese e moderna all’ozio sfruttatore della nobiltà terriera medievale, cioè, in breve, la falce al martello – farà sì che gli imprenditori, per sfuggire alle prepotenze fiscali sinistroidi, o toglieranno il lavoro ai “proletari” del posto delocalizzando le imprese (sfruttando a piacimento i tanto amati migranti prima ancora che possano emigrare) o aumenteranno i prezzi dei loro prodotti, con il maggiore danno proprio per chi ha redditi bassi e fissi, che sono poi gli stessi “proletari”.
Rubare ai ricchi – tra l’altro risparmiando i veri ricchi, cioè coloro che creano il denaro dal nulla – per dare ai poveri con la leva fiscale non è il viatico per la giustizia sociale, ma equivale al gesto stupido e irresponsabile di chi lancia con stizza e a casaccio un boomerang nel vuoto disinteressandosi appena dopo della sua traiettoria ritornante.
Per esprimermi con un’immagine sarcastica, il “marxista” con la falce si taglia le gambe e con il martello infierisce alla Tafazzi su quel che gli resta sotto la cintola.
La frustrazione che deriva dal tormentoso contrasto tra questo masochismo che corrode il “marxista” dall’interno e la presunzione antitetica di possedere un primato morale ed intellettuale desunto non solo, come detto, per inveterata abitudine al monopolio della cultura post bellica, ma anche per l’adesione a ideali massonici di tipo cosmopolita, lo porta a esacerbare ulteriormente l’odio che egli nutre per quella parte di mondo abitato da chi non la pensa come lui.
Egli confonde il cosmopolitismo cristiano come incontro di libere individualità e confronto multipolare di culture con l’ideologia rapace, piratesca, interventista, imperialistica, unipolare e anticristica conosciuta ieri come euro-atlantismo a trazione americana e oggi come globalismo. Pertanto egli attribuisce ai presunti fascisti i tratti incolti e rozzi di chi ai suoi occhi si oppone in modo retrivo, con idee autarchico-sovraniste alla modernità così intesa. Perché – egli pensa – incaponirsi a negare che l’espansionismo militare e finanziario nordamericano rappresenti l’auspicabile quanto inevitabile direzione del mondo?
Il marxista contemporaneo non distingue in altre parole la globalizzazione come fenomeno produttivo e commerciale quale base di una possibile fratellanza economica su scala mondiale dal globalismo come affermazione unipolare di una potenza che sia dominante da tutti i punti di vista, compreso quello culturale. Questa incapacità di discernimento si verifica proprio a causa dei fondamenti materialistici del marxismo, secondo i quali le idee non sono appunto nient’altro che essudati biochimici di un’animalesca lotta per la sopravvivenza: che bisogna a quel punto vincere a tutti i costi.
La frenesia di accaparramento e l’inquietudine perenne che i capi pellerossa leggevano negli occhi avidi e nella mimica convulsa dei galeotti europei alla ricerca dell’oro nel profondo Ovest ricalcavano e ricalcano la fisionomia di animali braccati ma non da fuori, bensì da demoni divenuti ospiti fissi di anime separate dal mondo perché chiuse alla fecondazione dello Spirito. I Falchi Neocon rinvigoriti dall’11 settembre nella loro finta Crociata contro il terrorismo e la Sinistra Radicale LGBT che vorrebbe ridurre l’identità dell’uomo ad una questione sessuale sono due facce della stessa medaglia: l’imperialismo americano di stampo arimanico (vedi Seconda Parte).
Del resto presso le più influenti logge massoniche e paramassoniche angloamericane, che degli USA dettano la linea geopolitica, il problema non sono mai stati né i Romanov né tantomeno Stalin – epigono anzi di quel veleno materialistico instillato da loro stesse nello spirito del popolo russo con Lenin.
Il loro più grande problema è sempre stato la Russia in quanto terra che custodisce la primizia di quella spiritualità sofianica atta a traghettare verso il futuro un’Umanità cristificata. Per tali confraternite la Russia va pertanto cancellata dalla faccia della Terra, in un modo o nell’altro. Il loro imperativo è di impedire all’Umanità di venir ispirata da ciò che promana da quel particolare luogo dove, per dirla con Rudolf Steiner, la terra è specchio del cielo.
Foto: Idee&Azione
4 aprile 2023