di Fabrizio Manco
“Son qua, son qua,
I rosa elefanti gia
Tre per tre,
Eccoli, marciano
Laggiù, arrivan di su e di giù,
Continuanon ad avanzar, come un mar marciano, ondeggiano, i rosa elefanti van,
Cosa farò, cosa farò, dove fuggire potrò …
Io non ho il terror di vermi, né di serpenti e né di germi, ma i mostruosi pachidermi mi fanno rabbrividir ….
Non son tipo da svenire, né da farmi intimorire, ma il vedermi comparir i rosa elefanti mi fa mal, tanto mal…
Mandali via, mandali via, che terror, quale orror, i rosa elefanti no….
Salvatemi….
Salvatemi….
Salvatemi…. (1)
(La parata degli elefanti; dal film “Dumbo – l’elefante volante di Walt Disney Productions 1941).
Introduzione
È molto conosciuta l’espressione diffusa nei paesi di lingua Anglossassone. L’elefante nella stanza: essa indica che spesso non si vuole parlare o accorgersi di determinate situazioni che sono imponenti e gigantesche proprio come un grande pachiderma in una stanza di casa. Sembra che tale espressione apparve per la prima volta in un articolo pubblicato sul New York Time del 20 Giugno 1959:
“Sembra che finanziare le scuole sia diventato un problema uguale più o meno ad avere un elefante in un salotto: è così grande che non si può semplicemente ignorarlo “.
Parte prima: La figura dell’elefante nel cinema di animazione.
“Dumbo – l’elefante volante” della Disney: un esempio di elefante nel cinema di animazione.
In questo mio nuovo saggio ho deciso di intraprendere un viaggio nell’immaginario collettivo della psiche umana e nella storia evolutiva di un animale molto particolare: l’elefante. E inizio parlando di uno dei film di animazione della Disney forse più conosciuti e amati di sempre: Dumbo – l’elefante volante (Walt Disney, 1941). Ho infatti introdotto questo mio nuovo studio con la Canzone degli Elefanti rosa o forse sarebbe più opportuno chiamarla La marcia degli elefanti rosa o La parata degli elefanti rosa, che rappresenta uno dei momenti più iconici del film Dumbo – l’elefante volante e forse di tutto il cinema di animazione della Disney.
La parata degli elefanti rosa (Pink Elephants on Parade), è una marcia composta da una orchestra chiamata The Sportsmen, che conteneva orchestra e cori; su melodia di Oliver Wallace e testo di Ned washington. In italiano, cioè la versione di Dumbo- l’elefante volante (1941, Walt Disney Productions), la parte vocale della marcia è cantata dal Quartetto cetra (1941- 1988) . Per questa loro interpretazione, il più famoso gruppo vocale italiano ricevette addirittura una lettera di congratulazioni e complimenti da parte di Walt Disney in persona, rimasto colpito dalla loro interpretazione vocale; nonostante la versione inglese fosse stata diretta e arrangiata dal leggendario Hall Johnson Choir (1888- 1970). Tra l’altro il Quartetto cetra nel film Dumbo, interpreta anche un altro brano: Giammai gli elefanti volar, che nel film è cantato dai corvi intenti a prendere in giro Dumbo sulle sue capacità di volo.
Dal punto di vista musicale, il brano è una marcia, costruita su un ritmo pesante e grottesco che mette in risalto la pesantezza dei pachidermi mentre marciano. La parte finale della marcia è una coda in stile etnico, cioè una marcia egizia e araba.
Dal punto di vista di animazione invece ci troviamo di fronte ad un altro capolavoro della Disney: infatti le animazioni sono la descrizione di un sogno allucinatorio del piccolo elefantino dopo avere bevuto dello Champagne insieme al suo piccolo amico, il topolino Timoteo. Dalle bollicine emesse dalla proboscide di Dumbo, lentamente prendono forma delle piccole sagome di bolle che somigliano a dei piccoli elefantini trasparenti. Una di queste bolle diventa lentamente un piccolo elefantino rosa, il quale dalla proboscide produce un altro piccolo elefantino rosa, che a sua volta ne produce un altro, che a sua volta ne produce un altro: in totale appaiono quattro elefantini rosa che trasformano la loro proboscide in delle trombe che danno inizio alla parata. Dalla fusione delle quattro trombe si forma una immensa tromba gialla dalla quale escono una marea di elefantini rosa con la tromba, i quali marciano in maniera spedita. Alcuni di loro marciano in maniera bipede, come gli esseri umani. Altri elefantini rosa sono grossi come dei palloni e dei piccoli palloncini e tengono nelle mani due campanelle musicali.
Uno di essi, l’elefantino rosa più grasso, con due piatti di orchestra fa scomparire uno di questi elefantini rosa, dal quale ne nascono altri quattro con le proboscidi trasformate in tromba. La marcia riprende sottoforma di vortice di elefantini rosa e Dumbo e Timoteo guardano impauriti chiedendosi che cosa fossero questi strani animaletti rosa. Mentre il piccolo Dumbo si copre gli occhi con le sue grandi orecchie, la marcia degli elefanti che lentamente si erano trasformati in fantasmini rosa bipedi, formano un cerchio attorno ad un letto, nel quale giace un elefantino rosa impaurito da questi spiritelli di elefantini rosa. Ma improvvisamente questa immagine scompare e compaiono elefantini vermiformi di colore verde e giallo con le strisce, e subito dopo alcune sagome di elefantini bipedi di diverso colore: rosa, a strisce, giallo, verde e blu. Ma questa immagine scompare ancora, e da essa appare un elefante bipede gigante formato da tutte le facce degli elefanti colorati apparsi precedentemente. Dagli occhi della faccia dell’elefante giallo, che ha un’espressione molto minacciosa accompagnata da un ghigno, compaiono due Piramidi Egizie; più precisamente sono gli occhi che si trasformano nelle due Piramidi Egizie. E subito dopo un’altra trasformazione: le due piramidi diventano le gobbe di un cammello o di un dromedario, ovviamente con il viso e la proboscide di un elefante rosa. Mentre una terza Piramide suona il Pungi, il tipico strumento a fiato Indiano utilizzato per incantare i serpenti. Non a caso il cammello si trasforma in cobra che a sua volta si trasforma in una odalisca che danza il ballo del ventre: poi improvvisamente lo schermo diventa nero e compare un occhio; e quattro elefantini gialli annunciano con la loro proboscide trasformata in tromba, uno spettacolo di danza classica: si apre un sipario, e una coppia di elefanti rosa interpreta un passo di danza in un teatro, e subito dopo le due figure si trasformano in statue da fontana, in ballerine di mambo e bachata e in macchine da corsa sfreccianti: sempre però con l’aspetto di elefantini rosa. Il tutto si conclude con una pioggia di elefantini rosa su uno sfondo nero.
La sequenza appena descritta, cioè quella della Parata degli elefanti rosa, è insieme a Fantasia (Walt Disney Productions, 1940), uno dei momenti più alti del cinema di animazione. Il film Dumbo (Walt Disney Productions, 1941), l’ho visto per la prima volta quando frequentavo la prima elementare, e rimasi affascinato proprio da tale sequenza appena descritta. Ma poi si sa, ti dicono che devi crescere e che i cartoni animati sono cose stupide per i bambini stupidi e molte cose si archiviano nella memoria e nell’ inconscio per molti anni. Sulla Sequenza della parata degli elefanti rosa, alla luce dei miei studi sull’evoluzione biologica, posso affermare che segue il ritmo e la direzione delle Forme in divenire e trasformazione. Tutta la natura si trasforma e si modifica in continuazione, da una forma passa in un’altra, in una continua danza di forme e di trasformazioni. E questi aspetti è soltanto il cinema di animazione che può rappresentarli al meglio, in quanto svincolato da ogni limite imposto dalle caratteristiche della realtà vera e con gli attori in carne e ossa, può dare libero sfogo all’immaginazione più creativa, senza alcun limite di rappresentazione. È la stessa caratteristica che troviamo nella musica Rock- Progressive, nella quale numerosi temi si trasformano in altri, spesso in uno stesso brano musicale.
“L’elefante rosa “e le forme astratte
Inoltre, le animazioni della sequenza della Parata degli elefanti rosa, sono la celebrazione dell’arte astratta e delle forme astratte, che Walt Disney conosceva molto bene in quanto attento conoscitore dell’arte pittorica in tutte le sue forme e le sue sfumature. E proprio il tema dell’astratto torna in un film della Disney/ Pixar, Inside Out di Peter Docter uscito nel 2015. In questo film non solo compare un essere dalle fattezze di elefante di nome Bing Bong, ma che è in grado di riprodurre il verso del delfino, oltre ad essere fatto di zucchero filato rosa e la parte inferiore compresa la coda, di un gatto, ma abbiamo anche la presenza della Frammentazione non oggettiva, cioè gli oggetti che da reali si trasformano in oggetti astratti. La scena che contiene questa tematica la troviamo quando l’emozione Gioia e l’emozione Tristezza, insieme a Bing Bong, si dirigono nella stanza del Pensiero astratto. All’interno di questa stanza improvvisamente i loro corpi incominciamo lentamente a modificarsi: all’inizio, la prima fase che il loto corpi attraversano è la Frammentazione non oggettiva, nella quale le due emozioni e Bing Bong assumono una forma tridimensionale. La seconda fase che attraversa il loro corpo è la Fase della Decostruzione, nella quale le due emozioni e Bing Bong prima assumo la forma bidimensionale e subito dopo cadono letteralmente in piccoli pezzettini colorati, e la terza fase è la Forma astratta e non figurativa, dove Gioia, Tristezza e Bing Bong, diventano delle linee e simboli astratti. In altre parole, nella mente della ragazzina di nome Railey, che è il luogo dove si svolgono le avventure di Gioia, Tristezza e Bing Bong, nella parte dedicata all’immaginazione e alle immagini astratte, le forme con una forma concreta lentamente iniziano a decomporsi, a frammentarsi e diventare delle semplici linee o abbozzi di oggetti o persone. Infatti, prima di uscire da quella parte della mente, Bing Bong diventa una sorta di proboscide rosa, Gioia diventa una stella gialla e Tristezza diventa una lacrima o una goccia d’acqua di calore blu. I tre protagonisti diventano quindi delle astrazioni, dei simboli. D’altronde la mente umana ha sempre ragionato per simboli e per astrazioni: dall’arte rupestre alle raffigurazioni della civiltà di Gobekli Tepe (Decimo millennio B. P.), fino all’arte astratta di Paolo Picasso, Paul Klee e Vasiliij Kandinskij e alla segnaletica dei segnali stradali, le astrazioni sono sempre state onnipresenti. Tutto questo però non va confuso con l’immaginazione o con la visualizzazione: l’immaginazione e la visualizzazione sono attività della mente che riguardano realtà non presenti nel piano fisico, ma esistenti se vengono create. Per questo il poeta Inglese William Blake ha affermato che ogni cosa che esiste è stata un tempo immaginata. Il pensiero astratto invece non riguarda storie fantastiche o eventi immaginati, ma riguarda il mondo dei simboli e della simbologia. La stella ⭐ gialla, infatti, rappresenta la luce della gioia e della felicità, la goccia 💧 è ovviamente la lacrima della tristezza e la piccola proboscide rosa è il simbolo di un elefantino rosa.
E da dove potrebbe venire l’idea di questo elefantino rosa, fatto di zucchero filato, che riproduce il verso del delfino, che un tempo era il più caro amico della piccola Riley? Ma è ovvio che l’ispirazione proviene dal film Dumbo e dalla sequenza della Parata degli elefanti rosa. L’elefante, come l’orso, sembra essere molto presente nell’immaginario dei bambini, e lo testimonia il grande numero di pupazzi, film di animazione, libri per l’infanzia e peluche che ritraggono l’elefante. Inoltre, la morfologia e l’anatomia dell’elefante è molto bizzarra e lo fa sembrare un animale fantastico abitante del mondo delle favole e dei miti: un lungo naso a forma di proboscide, due grandissime orecchie e due lunghissimi denti conosciuti con il nome di zanne d’avorio, fanno dell’elefante forse uno dei più bizzarri mammiferi placentari della terra.
Prima di concludere questo paragrafo, voglio ricordare che Bing Bong è una sorta di animale guida per le emozioni tristezza e gioia. All’interno della mente di Riley, infatti, le due emozioni sono spaesate e non sanno bene dove dirigersi. Ma grazie all’incontro casuale con il bizzarro elefantino rosa, Tristezza e Gioia trovano la strada, anche perché Bing Bong essendosi formato all’inizio dell’attività mentale di Riley conosce perfettamente tutti i percorsi della sua mente. Inoltre, da a Gioia una borsa dove mettere al sicuro le biglie dei ricordi felici di Riley. Anche la borsa è collegata all’ archetipo dell’animale- guida.
Il personaggio di “Dumbo”.
Passiamo adesso a Dumbo. Il protagonista dei più famosi film Disney è un cucciolo di elefante molto particolare: ha delle orecchie gigantesche, troppo sproporzionate per la sua età. Non appena il fagottino portato dal signor cicogna viene aperto, subito spuntano le enormi orecchie del piccolo Dumbo. Tutto questo suscita ilarità e presa in giro da parte delle elefantesse, le quali si dimostrano crudeli e senza pietà. L’unica elefantessa che prova tenerezza è ovviamente la madre du Dumbo, la signora Jumbo Dumbo. Disney anche in questo film ha inserito quindi le caratteristiche e i temi principali dei suoi film: un mondo materno e accogliente nonostante le difficoltà, l’amicizia e le caratteristiche speciali di ogni personaggio. L’unico animaletto con il quale Dumbo fa amicizia è il topolino del circo Timoteo, il quale riconosce in Dumbo la sua straordinaria capacità di saper volare. Infatti, le orecchie di Dumbo sono utilizzate come ali per spiccare il volo. Ovviamente è impossibile che le orecchie di un elefante lo possano fare volare, ma l’evoluzione ci racconta che numerose parti che inizialmente servivano per altri scopi, come le braccia dei dinosauri teropodi della specie dei dromeosauri che si trasformarono nelle ali degli uccelli , oppure come le appendici branchiali degli antenati degli insetti che diventarono le ali in questo ordine di animali, fanno comprendere che ciò che Disney e i suoi collaboratori crearono non è qualcosa di totalmente fantasioso e assurdo, ma che ha visto già la realizzazione nel mondo reale dell’evoluzione animale. Nell’ evoluzione biologica nulla va perduto: ma ogni organo, inoltre distante e completamente diverso dallo scopo e utilizzo futuro, può trasformarsi in un qualcosa di completamente diverso. Come dimostrano le animazioni metamorfiche degli elefanti rosa della sequenza analizzata prima. Compaiono elefantini rosa di ogni forma e dimensioni, dal pallone al vermiforme, dal bolide ai nanerottoli, e sembra quasi narrare sottoforma di animazione, l’evoluzione degli elefanti, i quali come analizzeremo dopo, hanno attraversato le forme più bizzarre.
Tuttavia, il concept di Dumbo non è interamente di Disney: esso, infatti, fu concepito dall’ illustratore Harold Pearl basato su un racconto di Helen Aberson, il tutto nato per la nascita di un nuovo modellino di giocattoli per bambini: Roll a book. La trasposizione animata della Disney è abbastanza fedele al racconto originale, e l’unico elemento aggiunto alla storia è proprio la sequenza della Parata degli elefanti rosa.
Dopo il capolavoro Fantasia, che costò alla casa di produzione della Disney numerose perdite economiche, si è subito pensato ad un nuovo film di animazione che potesse aiutare la casa di produzione della Disney ha riprendersi. Con questo intento nasce il film Dumbo (1941, Walt Disney Productions).
La storia di Dumbo si svolge in un circo della Florida: Dumbo è il tipico personaggio protagonista emarginato e preso in giro per il suo aspetto, che proprio grazie ai suoi apparenti difetti troverà la strada per riscattarsi. Come il Brutto anatroccolo, la celebre favola di Andersen, così Dumbo da emarginato e preso in giro dalla massa, riesce proprio grazie alle sue caratteristiche che lo hanno emarginato, ad emergere e diventare il re indiscusso della scena. E proprio il circo è il luogo che più di ogni altro rappresenta il palcoscenico della vita in tutte le sue forme.
La capacità di volare sembra essere una costante nei personaggi e nei protagonisti di molte fiabe, favole e protagonisti dei film di animazione, è molto probabilmente è anche un retaggio inconscio che affonda le radici fin dalle epoche preistoriche, quando la prime popolazioni del Paleolitico e del Neolitico osservando il volo degli uccelli, fecero una associazione immediata tra gli dèi e il volo. E successivamente anche gli angeli furono immaginati dotati di ali proprio perché in quanto messaggeri degli dèi (ricordiamo che la parola Angelo deriva dal greco Aggelos, che significa messaggero, messo o servitore degli dèi), hanno le ali per il volo. Dumbo e Peter Pan sono due angeli, mandati sulla terra, o arrivati di loro spontanea volontà per motivi ben precisi: Dumbo per fare sollevare le sorti del circo della Florida, Peter Pan per salvare la famiglia Darling dalla mancanza di affetto e di sentimenti che la caratterizza, oltre che per aiutare i bambini a crescere e diventare adulti senza paura.
Il remake di “Dumbo “di Tim Burton
Il concetto di Dumbo visto come un angelo l’ho trovato ancora più espresso anche se tenuto nascosto, nel film remake in live action del regista Nordamericano Tim Burton: Dumbo (2019, regia di Tim Burton, Walt Disney Productions and Tim Burton Productions), dove Dumbo riesce a volare grazie all’azione apparentemente magica di una piuma. È evidente l’associazione psichica tra piume e angeli. Come de resto il film di animazione originale ha la presenza di una piuma tenuta da Dumbo. È curioso che un elefante, anche se un cucciolo, viene rappresentato come un essere capace di volare, poiché il pachiderma elefantide è quasi sempre, visto la sua mole, associato alla pesantezza. Nel film di Tim Burton, che reputo un buon film, e forse uno delle migliori live action dei film Disney, l’unico elemento Burtoniano è proprio Dumbo: il cucciolo di elefante è infatti il tipico Freak, un termine inglese per indicare un individuo strano, bizzarro e escluso dalla società (ricordiamo che Tim Burton è il regista del film Eduard mani di forbici). Ma in Tim Burton il Freak diventa o un riscattato socialmente o perlomeno è un individuo che riesce a lasciare un segno nella società, pur rimanendo un emarginato. Ecco perché Tim Burton decise di realizzare Dumbo: perché fra tutti i personaggi dei film Disney è forse quello più singolare e più strano. Nel film di Tim Burton Dumbo, come accennato prima, è una figura angelica, soprattutto perché fa da guida ai suoi bambini del proprietario del circo, i quali necessitano di una figura più vicina alla loro crescita, oltre ovviamente padre, che sovente è impegnato con il circo. Ma Dumbo anche nel remake di Tim Burton, come nel film di animazione originale, in quanto angelo ha un significato particolare: lo strano cucciolo di elefante sarà uno strumento importante per risollevare le sorti del circo. Molto bella nel film, la versione della Parata degli elefanti rosa, la quale è diventata un bellissimo numero da circo con le bolle di sapone colorate di rosa che si trasformano in cammelli e in elefanti rosa, con Dumbo che segue con la testa il ritmo della musica dell’orchestra, impegnata ad eseguire il tema della marcia originale, ma appesantito dalla grancassa e dai tromboni, come se la musica ricalcasse il peso degli elefanti. Ad essere sinceri, più che un film di Tim Burton , a me è sembrato un film di Stephen Spielberg: la presenza dei bambini senza un genitore e il loro rapporto con il piccolo elefantino Dumbo, il quale lo ricordiamo, nella versione originale della Disney non compare nessun bambino che stringe amicizia con il piccolo elefantino, e il cattivo rappresentato da un magnate che vuole impadronirsi del circo, fanno del remake di Tim Burton, più un film uscito dalla fantasia di Steven Spielberg che dall’immaginifico mondo di Tim Burton.
Tuttavia, devo fare una piccola critica al film di Tim Burton: la Parata degli elefanti rosa in questo live action non ha quella manifestazione onirica e allucinatoria del film originale: benché sia sempre molto bella la nuova versione, non ha la forza immaginifica delle forme in continua metamorfosi che possiede la versione originale della Disney. Ma non perché sia più corta, ma proprio perché non ha anima. E nonostante le nuove tecnologie quindi, la potenza espressiva di quella sequenza è impossibile da rievocare. E proprio sul circo e la sua immagine Tim Burton si è sempre mostrato ostile: in molte interviste ha ammesso che il mondo del circo lo ha sempre inquietato, soprattutto i clown e gli animali maltrattati per essere addestrati ai numeri da eseguire, e ha ammesso senza mezzi termini, di sentirsi proprio come Dumbo durante la lavorazione del film. (2)
Tuttavia, il circo è sempre stato il luogo dell’incontro tra la specie umana e le specie animali, tra coloro che sfruttano e coloro che sono sfruttati, in questo caso gli animali ammaestrati e molto spesso maltrattati per eseguire i numeri. Animali trattati come cose da sfruttare per il futile e mero intrattenimento per il circo è per gli spettatori. Elefanti, foche, ippopotami e tante altre specie di animali, da innumerevoli anni sono sfruttati nelle arene dei Romani e nei circhi moderni, con l’unico scopo di intrattenere il pubblico. Da Pinocchio con il Paese dei Balocchi, nel quale il circo mostra il suo lato oscuro con la trasformazione dei fanciulli e di Pinocchio stesso in asini, con l’unico scopo di essere sfruttati per gli spettacoli, passando per il manga Le grandi avventure di Astroboy di Tezuka, dove Atom , cioè Astroboy, è costretto a distruggere robot e a giocare con un elefante per impressionare il pubblico, il circo è quindi da sempre rappresentato come il luogo dello sfruttamento e della violenza per antonomasia.
“Le avventure del libro della giungla “, “L’era glaciale” e il mammuth preistorico
Altri film di animazione dove compaiono gli elefanti sono. Il libro della giungla (1967, Walt Disney Productions, regia di Wolfgang Reitherman), dove appare una marcia militare degli elefanti Africani con a capo un certo elefante colonnello di nome Hathi. Questa rappresentazione dell’elefante fa capire come nell’immaginario simbolico l’elefante sia stato sempre associato all’ordine, al rigore e alla disciplina, caratteristica che ad esempio troviamo nei circhi dove gli elefanti addestrati eseguono numeri importanti come marcie militari. E non è un caso che in natura esistono davvero molte marcie di elefanti che si spostano in altri luoghi in un modo molto ordinato e disciplinato. La marcia degli elefanti nel film di animazione della Disney. Le avventure del libro della giungla, è accompagnata dalla seguente filastrocca cantata dagli elefanti in marcia:
“Nostro compito è marciar…
E la giungla attraversar…
Non sappiamo perché ma ci dicono che è un segreto militar, è un segreto militar ….
Un, due, un due, fuori passo ….
Noi marciamo su e giu, tra liliane e bambù,
Noi siamo sempre qui, a marciar così, naso fuori e denti in su “…. (3)
Un altro bellissimo film dove un altro elefante molto particolare è uno dei protagonisti indiscussi è il film di animazione. L’era glaciale (2002, regia di Chris Wedge, Blue Sky Productions). In questa fortunatissima serie di ben sei film piu altri cortometraggi, una simpaticissima ma alquanto sgangherata banda di amici, composta da Manfred ( Mammuthus Primigenius , Blumenbach, 1799), un Mammuth lanoso apparentemente scorbutico e antipatico ma dal cuore d’oro, doppiato in Italiano da Leo Gullotta, Sid ( Pliometanastes, che fa parte dei bradipi preistorici estinti della specie Megalonyx), un bradipo ingenuo, divertente e dal cuore puro come quello di un bimbo, doppiato in Italiano da un irresistibile e divertente Claudio Bisio e Diego ( Smilodon), e una temibile tigre dai denti a sciabola che però nasconde un lato generoso e onesto, in italiano doppiato da Pino Insegno. Il film L’era glaciale è un bellissimo film sotto ogni punto di vista: divertente, profondo, sarcastico e geniale, e lo consiglio a tutti i bambini di guardarlo, soprattutto perché lo ritengo molto istruttivo sulla conoscenza del mondo del Pleistocene, anche se ci sono numerose inesattezze e animali preistorici aggiunti che vissero in altre epoche. La storia dell’era glaciale è collegata in parte alle divertenti disavventure dello scoiattolo preistorico di nome Scrat con la sua ghianda, il quale causa numerosi eventi geologici che in parte influiscono sulle avventure dei nostri protagonisti. Scrat è in simpaticissimo scoiattolo preistorico, dotato di lunghi canini affilati, ma quello che sembrava essere soltanto una creatura di fantasia degli autori del film, si è rivelata realtà, quando nel 2002 un team di paleontologi guidati da Guillermo W. Rougier, scopre un cranio, una mascella e denti affilati nei territori del Rio Negro, nel sud dell’Argentina, in Sud America. Il fossile, classificato nel 2011 con il nome di Cronopio dentiacutus (2011, Guillermo W. Rougier), fa comprendere che il vero Scrat non poteva trovarsi nell’ era glaciale accanto ai Mammuth: infatti il vero Scrat visse durante il tardo Cretaceo, nel Cenomaniano, circa 99 milioni di anni fa, un’epoca dove nemmeno i mammiferi placentari che avrebbero portato alla linea degli elefanti erano presenti. Il Cronopio dentiacutus è stato classificato come mammifero molto vicino sia ai mammiferi marsupiali e ai mammiferi placentari, ma a differenza di Scrat non si nutriva di ghiande ,cioè i semi della quercia che appartiene al regno delle Angiosperme, piante che gia circa 215 milioni di anni fa, cioè nel Triassico superiore stavano facendo la loro comparsa sulla terra per arrivare alla vera evoluzione di queste piante che avvenne durante il periodo Cretaceo inferiore , cioè circa 130 milioni di anni fa , ma bensì di vermi , insetti, le loro larve , lucertole e piccoli invertebrati. Inoltre, il suo habitat noj erano le foreste glaciali e i paesaggi di ghiaccio, ma bensì paludi ricche di vegetazione con fiumi in abbondanza, mentre i suoi commensali e conquilini non erano mammiferi preistorici, ma dinosauri teropodi e sauropodi. (4)
“L’era glaciale”: la trama del film
La storia del film L’ era glaciale si svolge nel Paleolitico, circa 20. 000 anni fa. Il mammutu Manny (Mammuthus Primigenius, Blumenbach, 1799), durante l’imminente catasfrofe glaciale, quando tutti gli animali migrano in direzione sud, decide di percorrere una strada tutta sua. Durante il suo percorso incontra il bradipo preistorico Sid (Pliometanastes, Megalonyx,), il quale scappando da due giganteschi Brontotheri (Brontotherium Megacerops, Leidy, 1870), i quali vivevano però nel periodo Eocenico, circa 50 milioni di anni fa, principalmente in Asia e in Europa, ma anche in Nord America, incontra Manny che lo salva da morte certa (questa parte somiglia molto all’incontro tra l’ asino Ciuchino e l’orco Shrek). Tuttavia, Manny inizialmente si rifiuta di diventare amico di Sid, ma il bradipo preistorico continua a seguirlo. La storia di questa amicizia inizialmente un po’ forzata, si intreccia improvvisamente con uno Smilodon pupulator (Lud, 1872), una temibile tigre dai denti a sciabola di nome Diego, che con il suo branco sta tendendo una imboscata al piccolo neonato di una tribù di Homo Neandhertalensis, poiché il branco degli Smilodonti si vuole vendicare di Homo Neandhertalensis in quanto hanno ucciso molti dei loro compagni. Il branco degli Smilodon capeggiati dal malvagio Soto, ingaggia Diego di prendere il bambino e portarlo a lui, che vuole sbranarlo di persona. Nel frattempo, il piccolo dei Neandhertalensis è stato recuperato da Manny e da Sid, che, come Mosè, fu salvato dalle acque di un fiume, grazie a sua madre che era riuscita a scampare dall’attacco delle tigri dai denti a sciabola. Dopo numerose avventure e dopo che i tre strambi amici fanno da genitori al piccolo dei Neandhertalensis, Diego si unisce ai due, soprattutto quando capisce il valore dell’amicizia, dell’affetto familiare e dell’onore, dopo avere osservato Manny intento a ricordare il passato della sua famiglia sterminata dai Neandhertalensis. Quando infatti il trio entra in una caverna sotterranea piena di graffiti rupestri, il mammuth preistorico rimane colpito da un particolare: il dipinto sulla parete che ritrae la caccia e lo sterminio della sua famiglia. Manny così rimasto solo, ha utilizzato come corazza un carattere apparentemente duro e scorbutico, ma che nasconde un grande cuore. Dopo una trappola tesa dal branco di Diego, il trio di amici riesce a dare il bimbo al suo vero papà, ovvero ai Neandhertalensis, riconciliando così l’eterna alleanza tra esseri umani e animali.
Tutti gli altri sequel del primo film, cioè L’ era glaciale 2: Il disgelo (2006), L’era glaciale 3: l’alba dei dinosauri (2009), L’era glaciale 4: continenti alla deriva ( 2012), L’era glaciale 5: in rotta di collisione ( 2016) e L’era glaciale 6 : le avventure di Buck ( 2022), benché siano tutti film simpaticissimi , divertenti e ben fatti, non hanno riprodotto la bellezza e la profondità del primo, tranne forse un po’ il secondo e il terzo. La casa di produzione invece di sviluppare tematiche piu profonde come il rapporto tra esseri umani e animali ha preferito rovinare alcuni personaggi aggiungendo divertimento e humor spesso inutile, a tratti un po’ volgare e fuori tema. Se infatti i primi due film della serie, uniscono comicità, humor, avventura e profondità di temi, tutti gli altri seguiti si dirigono soltanto su avventure e comicità.
Ma da un lato è da comprendere la casa di produzione: il pubblico non vuole e non cerca la profondità dei temi, ma semplicemente cerca e vuole il mero e vacuo intrattenimento e divertimento fine a sé stesso. Tuttavia, il vero significato del film è racchiuso in una frase del bradipo Sid al Mammuth Manny:
“devi lasciare andare il tuo passato, soltanto così puoi avere un futuro!”.
Il primo film della serie. L’era glaciale parla in realtà di morte e rinascita: in questo caso la morte e la rinascita sono del Mammuth Manny, il quale dopo avere perso la sua famiglia sterminata dai cacciatori di Homo Neandhertalensis, incomincia lentamente una nuova vita, rappresentata simbolicamente dal bimbo che ha raccolto e protetto insieme a Sid e a Diego.
Foto: Katehon.com
26 maggio 2023