Idee&Azione

La rapida espansione della Comunità dell’Africa orientale porta con sé pro e contro

image_pdfimage_print

di Andrew Korybko

Sputnik ha riportato la previsione ottimistica del Segretario generale della Comunità dell’Africa orientale (CAO) Peter Mathuki, secondo cui la sua piattaforma diventerà “il blocco economico regionale più integrato al mondo”, soprattutto dopo la recente inclusione della Repubblica Democratica del Congo (RDC) lo scorso anno. Egli ritiene che l’imminente adesione della Somalia e la possibilità che l’Etiopia si unisca in un secondo momento trasformeranno la CAO in una forza globale con cui fare i conti.

Attualmente, la CAE si è drammaticamente espansa dal suo nucleo centrale Kenya-Tanzania-Uganda per includere Burundi, Ruanda, Sud Sudan e RDC. La sua nuova portata transoceanica, ricordando la sottile costa atlantica di quest’ultima, aiuta a promuovere gli obiettivi panafricani e probabilmente rende necessaria una nuova denominazione dell’organizzazione. Inoltre, l’ultima crescita della CAO potrebbe attrarre maggiori investimenti stranieri se associata alla creazione, nel 2019, dell’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA).

Tutto questo è abbastanza sensato sulla carta, se visto da lontano e/o dalla prospettiva dei benpensanti dell’Africa, ma nella pratica è molto diverso. I tre membri principali del blocco non sono sempre d’accordo tra loro, il Ruanda è accusato dalla RDC di invadere clandestinamente le sue regioni orientali ricche di risorse e la stabilità del Sud Sudan non può mai essere data per scontata. Si può quindi affermare che l’espansione al Sud Sudan e alla RDC è stata prematura, per non parlare della Somalia.

Senza un’integrazione completa dei suoi membri fondatori in senso economico, politico e/o di sicurezza, l’allargamento ad altri Stati può essere considerato poco più che un segnale ai partner stranieri con il presunto intento di attirare investimenti nel loro gruppo. Questo non vuol dire che la CAO non dovrebbe espandersi, ma solo che farlo prima di avere una base solida può portare i suoi sforzi ben intenzionati a rimanere effimeri nel migliore dei casi e a rischiare la paralisi, il collasso e persino l’inversione di tendenza nel peggiore.

L’invio di truppe degli Stati membri nella RDC orientale, in base all’ultimo mandato dell’organizzazione, servirà a testare le prospettive di cooperazione multilaterale in materia di sicurezza, così come il ruolo del Ruanda nel più ampio schema degli eventi, considerando che Kinshasa lo accusa di aver invaso clandestinamente attraverso i ribelli dell’M23. Il successo su questo fronte, tutt’altro che assicurato, potrebbe catalizzare una più stretta integrazione di sicurezza nel prossimo futuro, che potrebbe essere impiegata in Sud Sudan e/o nell’aspirante membro Somalia.

D’altro canto, il potenziale fallimento della missione di stabilizzazione della RDC orientale potrebbe danneggiare pesantemente gli sforzi di integrazione dell’EAC, poiché dimostrerebbe ai partner stranieri, a cui l’espansione del blocco è apparentemente destinata, che la loro organizzazione è ben lungi dall’essere così unita come sostiene. L’inasprimento delle relazioni congolesi-ruandesi potrebbe anche costringere i membri a schierarsi, portando così questa piattaforma a biforcarsi o a unirsi per isolare Kigali, entrambi fattori non auspicabili per i suoi obiettivi.

Queste dinamiche impegnative non tengono nemmeno conto della possibile espansione della CAE all’Etiopia in futuro, come previsto ottimisticamente da Mathuki, che potrebbe cambiare completamente le relazioni dei membri tra loro, vista l’influenza di quel gigante. Una cosa è includere i quasi 100 milioni di abitanti della RDC, purtroppo instabile, e un’altra è espandersi ai 120 milioni dell’Etiopia, relativamente più stabile, quando alcuni membri come il Sud Sudan hanno letteralmente dieci volte meno persone.

Questo sviluppo potrebbe rendere molto più difficile integrare in modo significativo i sistemi economici, politici e/o di sicurezza dei membri, che in pratica sono molto meno uniti di quanto possano sembrare sulla carta, se visti da lontano o dalla prospettiva dei benpensanti dell’Africa. Per questi motivi, anche se l’ulteriore allargamento della CAO alla Somalia e potenzialmente, un giorno, anche all’Etiopia potrebbe inviare segnali positivi ai partner stranieri, sarebbe meglio costruire una base più solida prima di farlo.

Pubblicato in partnership su One World – Korybko Substack

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Foto: Idee&Azione

4 aprile 2023

Seguici sui nostri canali
Telegram 
Facebook 
YouTube