di Cynthia Chung
La City di Londra
“L’inferno è una città molto simile a Londra.”
– Percy Bysshe Shelley
“Più e più volte abbiamo visto che esiste un altro potere oltre a quello che ha sede a Westminster. La City di Londra, un termine di comodo per indicare un insieme di interessi finanziari, è in grado di affermarsi contro il governo del Paese. Chi controlla il denaro può perseguire in patria e all’estero una politica contraria a quella decisa dal popolo.”
– Clement Attlee, primo ministro del Regno Unito (1945-1951) e avversario politico di Churchill.
La City di Londra ha più di 800 anni. È probabilmente più antica dell’Inghilterra stessa e da oltre 400 anni è il centro finanziario del mondo.
Durante il periodo medievale, la City di Londra, altrimenti nota come il Miglio Quadrato o semplicemente la City, era divisa in 25 antiche circoscrizioni con a capo un assessore. Questa suddivisione continua ancora oggi.
Inoltre, esisteva la City of London Corporation, dal titolo minaccioso, o semplicemente la Corporation, che è l’organo di governo municipale della città. Anche questo organo continua ad esistere ancora oggi.
Sebbene le origini della Corporation non possano essere datate con precisione, dal momento che non è mai stata trovata una carta “sopravvissuta” che ne stabilisse la base “legale,” essa ha mantenuto le sue funzioni fino ad oggi sulla base della Magna Carta. La Magna Carta è una carta dei diritti concordata da Re Giovanni nel 1215, che afferma che “la Città di Londra avrà/godrà delle sue antiche libertà.” In altre parole, la funzione legale della Corporation non è mai stata messa in discussione, rivista, rivalutata, MAI, piuttosto è stata lasciata funzionare legalmente in conformità con le sue “antiche libertà,” che è una descrizione molto generica della funzione, secondo me. In altre parole, sono liberi di fare ciò che ritengono opportuno.
Pertanto, la domanda è: se la City di Londra ha mantenuto le sue “antiche libertà” e ha conservato il suo potere finanziario globale, l’Impero Britannico è davvero scomparso?
Contrariamente alle ingenue credenze popolari, l’impero su cui non tramonta mai il sole (alcuni dicono “perché Dio non si fiderebbe di loro al buio”) non è mai scomparso.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la colonizzazione avrebbe dovuto scomparire e molti pensavano che anche l’Impero Britannico sarebbe scomparso. I Paesi stavano reclamando la loro sovranità, i governi venivano istituiti dal popolo, il sistema di saccheggi e razzie era giunto al termine.
È una bella storia, ma non potrebbe essere più lontana dalla verità.
Negli anni Cinquanta, per “adattarsi” al cambiamento del clima finanziario globale, la City di Londra aveva istituito le cosiddette “giurisdizioni segrete.” Queste dovevano operare all’interno degli ultimi resti dei piccoli territori/colonie britannici. Dei 14 territori britannici all’estero, 7 sono veri e propri paradisi fiscali o “giurisdizioni segrete.” Per facilitare il flusso di questi capitali offshore è stato creato un mercato finanziario internazionale separato, il mercato degli eurodollari. Poiché questo mercato ha le sue banche al di fuori del Regno Unito e degli Stati Uniti, non è sotto la giurisdizione di nessuno di questi due Paesi.
Nel 1997, quasi il 90% di tutti i prestiti internazionali veniva effettuato attraverso questo mercato [2].
John Christensen, un economista investigativo, stima che questo capitale, che legalmente non appartiene a nessuno, potrebbe ammontare a 50.000 miliardi di dollari all’interno di questi territori britannici. Non solo non viene tassato, ma una parte significativa di esso è stata sottratta ai settori dell’economia reale.
Come si ripercuote tutto ciò sui Paesi “ex” colonizzati?
Secondo John Christensen, nel 2008 il debito estero combinato dei Paesi dell’Africa subsahariana era di 177 miliardi di dollari. Tuttavia, la ricchezza che, tra il 1970 e il 2008, le élite di questi Paesi hanno spostato all’estero è stimata in 944 miliardi di dollari, 5 volte il loro debito estero. Non si tratta solo di denaro sporco, ma anche di denaro RUBATO alle risorse e alla produttività delle economie di questi Paesi.
Quindi, come afferma Christensen, “lungi dall’essere un debitore netto del mondo, l’Africa subsahariana è un creditore netto” della finanza offshore.
In questo contesto, la cosiddetta “arretratezza” dell’Africa non è dovuta alla sua incapacità di produrre, ma piuttosto al fatto che ha subito un saccheggio ininterrotto da quando queste regioni sono state colonizzate.
Questi Paesi africani hanno quindi bisogno di prendere in prestito denaro, che viene dato loro volentieri ad alti tassi di interesse, accumulando un debito che non potrà mai essere ripagato. In questo modo, questi Paesi vengono depredati due volte, senza che rimanga alcun denaro da investire nel loro futuro, né tantomeno per mettere il cibo in tavola.
E non finisce qui. In tutto il mondo, si stima che i Paesi in via di sviluppo perdano 1.000 miliardi di dollari ogni anno a causa della fuga di capitali e dell’evasione fiscale. La maggior parte di questa ricchezza torna nel Regno Unito e negli Stati Uniti attraverso questi paradisi offshore e permette alle loro valute di rimanere forti, mentre quelle dei Paesi in via di sviluppo vengono mantenute deboli.
Tuttavia, i Paesi in via di sviluppo non sono gli unici ad aver sofferto di questo sistema di saccheggio. Anche le stesse economie del Regno Unito e degli Stati Uniti sono state sventrate. A partire dagli anni ’60, il Regno Unito e gli Stati Uniti, per compensare l’aumento del flusso di denaro in uscita dai loro Paesi, avevano deciso che era una buona idea aprire i loro mercati nazionali ai trilioni di dollari che passavano attraverso i loro paradisi offshore.
Tuttavia, queste banche non sono interessate a investire il loro denaro nell’industria e nella produzione. Si dedicano invece alla speculazione immobiliare, alla speculazione finanziaria e al commercio di valuta estera. E così, la finanziarizzazione delle economie britanniche e americane ha avuto come risultato che i posti di lavoro reali, provenienti dall’economia reale, sono diminuiti o scomparsi.
Sebbene molti economisti cerchino di sostenere il contrario, la disperazione ha preso il sopravvento. Siamo arrivati ad un punto in cui tutti i Paesi occidentali del primo mondo stanno lottando con un tasso di disoccupazione molto più alto e un tenore di vita significativamente più basso rispetto a 40 anni fa. All’aumento della povertà ha fatto seguito un aumento dell’uso di droghe, dei suicidi e della criminalità (per saperne di più sulla peccaminosa City di Londra si veda qui, e sulla banca dell’oppio britannica HSBC si veda qui).
Ora siamo pronti a esaminare l’odierna agenda globale che sta alla base della spinta alla guerra con la Cina.
La Belt and Road Initiative cinese in prospettiva
“La BRI cerca di sostenere una serie di progetti, ma finora la maggior parte dei fondi è stata destinata alle infrastrutture tradizionali – energia, strade, ferrovie e porti. Sebbene sia rivolta principalmente ai Paesi in via di sviluppo, con Pakistan, Malesia, Bangladesh, Myanmar e Sri Lanka tra i maggiori destinatari dei fondi della BRI, la BRI include anche Paesi sviluppati, con la partecipazione di numerosi alleati degli Stati Uniti. Se questi alleati statunitensi dovessero rivolgersi alla BRI per costruire infrastrutture critiche, come reti elettriche, porti o reti di telecomunicazione, ciò potrebbe complicare i piani di emergenza degli Stati Uniti e rendere più difficile la difesa dei loro alleati.”
– Rapporto n. 79 della Task Force indipendente del Council on Foreign Relations.
Il Council on Foreign Relations, uno dei principali responsabili della politica estera statunitense, ha chiarito nei suoi numerosi rapporti che considera un dovere del governo degli Stati Uniti contrastare le relazioni economiche e la partnership della Cina con tutti i Paesi della sfera globale.
Va notato che il Council on Foreign Relations è il ramo americano del Royal Institute for International Affairs (alias: Chatham House) con sede a Londra, in Inghilterra. Si noti anche che la stessa Chatham House era stata creata dal Movimento della Tavola Rotonda durante la Conferenza del Trattato di Versailles nel 1919.
Pertanto, anche la deterrenza nei confronti di tutti gli “alleati” americani nel formare partnership con la Cina viene pesantemente applicata.
Perché le relazioni internazionali della Cina sono viste come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti? La risposta breve è la concorrenza, mentre quella un po’ più lunga è che la Cina sta formando un’alleanza di Paesi contro la camicia di forza economica imposta per la prima volta dall’Impero britannico con la sua dottrina del libero scambio e che oggi viene sfruttata nell’interesse dell’Impero Anglo-Americano.
Nel 2014, la Johns Hopkins School of Advanced International Studies (SAIS) aveva lanciato la China Africa Research Initiative (CARI), con sede a Washington. Nel giugno 2020, il SAIS-CARI aveva pubblicato un rapporto intitolato “Debt Relief with Chinese Characteristics.”
Vorrei condividere alcune righe di questo rapporto, che inizia con:
“Nel dicembre 2019, un economista zambiano aveva commentato: “Il debito cinese può essere facilmente rinegoziato, ristrutturato o rifinanziato.” È vero?
…In questo documento di lavoro, ci basiamo sui dati della China Africa Research Initiative (CARI) per esaminare le prove sulla cancellazione e la ristrutturazione del debito cinese in Africa, in prospettiva comparativa e storica. I casi dello Sri Lanka, dell’Iraq, dello Zimbabwe, dell’Etiopia, dell’Angola e della Repubblica del Congo, tra gli altri, evidenziano modelli di cancellazione del debito con caratteristiche nettamente cinesi. In quasi tutti i casi, la Cina ha offerto la cancellazione del debito solo per i prestiti a tasso zero. Il nostro studio ha rilevato che, tra il 2000 e il 2019, la Cina ha cancellato almeno 3,4 miliardi di dollari di debito in Africa. Non esiste una “China, Inc”… Abbiamo scoperto che, tra il 2000 e il 2019, la Cina ha ristrutturato o rifinanziato circa 15 miliardi di dollari di debito in Africa. Non abbiamo riscontrato alcun “sequestro di beni” e, nonostante le clausole contrattuali che richiedono l’arbitrato, nessuna prova del ricorso ai tribunali per far rispettare i pagamenti o dell’applicazione di tassi di interesse di penalizzazione.”
Il rapporto prosegue:
“Durante la crisi del debito della fine del XX secolo, abbiamo visto che molti mutuatari sovrani, semplicemente, non onoravano i prestiti senza interessi del governo cinese. Poiché il programma di prestiti senza interessi era di natura diplomatica, una parte fondamentale degli aiuti esteri della Cina, non era possibile fare pressioni per il rimborso di questi prestiti. Dal 2019, con una varietà molto più ampia di prestiti in gioco – molti dei quali commerciali – la riprogrammazione non è più così facile, anche se sta avvenendo. Il principale strumento di Pechino per sollecitare i pagamenti quando un Paese va in arretrato è sospendere gli esborsi per i progetti in corso di realizzazione (il che rallenta il loro completamento, ma danneggia anche gli appaltatori cinesi), e rifiutare l’approvazione di nuovi prestiti.
… Un comitato guidato dal Ministero delle Finanze cinese (che ha l’autorità generale per la riduzione del debito), con delegati del MOFCOM, della China Exim Bank e della China Development Bank approverà o respingerà la richiesta di cancellazione del debito. Il governo cinese vedrà come è stato utilizzato il denaro. Lo valuterà con attenzione. Rifiuteranno le richieste di alcuni Paesi la cui economia sta andando bene…” ha dichiarato un funzionario cinese a uno degli autori.”



Il rapporto SAIS-CARI conclude che:
Come ha osservato Zhou Yuyuan, ricercatore dello Shanghai Institute for International Studies, in un recente articolo: “il costo della violazione del contratto è, in realtà, piuttosto basso per i mutuatari.” Inoltre, Pechino è preoccupata della sua reputazione internazionale e delle sue relazioni politiche e diplomatiche a lungo termine con i singoli Paesi. In più, gli appaltatori cinesi, che di solito anticipano il proprio denaro per avviare un progetto prima di essere rimborsati dalle banche cinesi, soffrono per le sospensioni dei progetti. Sebbene i contratti di prestito prevedano l’arbitrato in caso di inadempienza, non ci sono prove che le banche cinesi abbiano mai utilizzato questa opzione, o che una sentenza possa essere stata effettivamente eseguita, se fosse stata a loro favore. Non ci sono nemmeno prove di tassi di interesse di penalizzazione.
…Abbiamo iniziato questo articolo con una citazione di un economista zambiano. Una versione più completa di questa citazione è:
Il problema sono i 3 miliardi di dollari di eurobond, non i prestiti cinesi… Con gli eurobond, non si può giocare quando i pagamenti arrivano in scadenza. Il debito cinese può essere facilmente rinegoziato, ristrutturato o rifinanziato.”

Secondo la Jubilee Debt Campaign nel 2017, la Cina deteneva il 24%, il FMI e la Banca Mondiale il 20%, il Club di Parigi il 10%, il settore privato il 32% ed altre istituzioni multilaterali il 15% del debito africano.
Il “Programma Africa” del Center for International Policy, con sede a Washington DC, segue e analizza la politica estera degli Stati Uniti nei confronti delle nazioni africane. È interessante notare la sua conclusione:
“Con l’incombere di una crisi del debito, è cresciuta la richiesta di vari gruppi di difesa per la cancellazione del debito e l’emissione di diritti speciali di prelievo (DSP) da parte del FMI.” Secondo l’Advocacy Network for Africa (AdNA), i DSP sono la valuta di riserva del FMI che potrebbe “consentire ai Paesi di aumentare le riserve e stabilizzare le economie, contribuendo a minimizzare altre perdite economiche, senza alcun costo per il governo degli Stati Uniti.” Sebbene i DSP offrano ai Paesi africani un’ancora di salvezza, gli Stati Uniti non hanno ancora appoggiato l’iniziativa, aggiungendo un ulteriore ostacolo al loro tentativo di liberarsi dalla trappola del debito. Oltre a sostenere i DSP, organizzazioni come la Jubilee Debt Campaign (JDC) chiedono al FMI di vendere le sue scorte d’oro per cancellare il debito dei Paesi più poveri. Secondo il JDC, il profitto derivante dalla vendita di meno del 7% dell’oro del FMI (per un valore di 11,8 miliardi di dollari), “sarebbe sufficiente a pagare l’annullamento di tutti i pagamenti del debito dei 73 Paesi ammissibili all’iniziativa di sospensione del servizio del debito del G20 per i prossimi 15 mesi” e “lascerebbe comunque al FMI 26 miliardi di dollari in più di oro rispetto a quello che l’istituzione deteneva all’inizio del 2020.”
Gli sforzi dei sostenitori della cancellazione del debito sembrano continuare a cadere nel vuoto, poiché il FMI e la Banca Mondiale si rifiutano di fare qualsiasi passo verso la cancellazione del debito dei Paesi africani. L’ipocrisia della Banca si nota nel fatto che continua a fare pressione sulla Cina, il più grande creditore dell’Africa, affinché cancelli il suo debito nei confronti dei Paesi poveri, mentre essa stessa non ha ancora cancellato il debito che le spetta.”
La Cina è il più grande creditore dell’Africa, è anche il più grande cancellatore di debito dell’Africa ed è il più flessibile nella rinegoziazione del debito e non penalizza attraverso i tassi di interesse, come abbiamo visto dal rapporto della Johns Hopkins. Come conferma il Center for International Policy, sono in realtà il FMI e la Banca Mondiale che si rifiutano di essere flessibili nel rimborso di questi debiti. Sono loro che si rifiutano di cancellare in modo significativo il debito dell’Africa e che mantengono questi prestiti, che sono alla base del problema del debito in Africa, a tassi di interesse esorbitanti.
Inoltre, contrariamente alle condizioni imposte dai prestiti del FMI e della Banca Mondiale, che scoraggiano la costruzione di infrastrutture essenziali, come le reti elettriche (l’Africa è stata tenuta al buio per decenni), la Cina in Africa sta costruendo infrastrutture, con grande disappunto del Council on Foreign Relations!

È a questo a cui si riferiva il Presidente Putin quando, in un discorso del 2018, aveva parlato dell’illuminazione dell’Africa.
Nel 2019, la Reuters aveva riferito che il più importante diplomatico africano degli Stati Uniti aveva avvertito che i Paesi africani che stavano accumulando debiti che non sarebbero stati in grado di ripagare, non avrebbero dovuto aspettarsi di essere salvati dalla riduzione del debito sponsorizzata dall’Occidente.
“Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito alla cancellazione del debito di molti Paesi africani,” aveva dichiarato Tibor Nagy, Vice Segretario di Stato americano per l’Africa, riferendosi al programma HIPC (Heavily Indebted Poor Countries, Paesi poveri fortemente indebitati), avviato dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale nel 1996, come un’operazione di facciata.
“Ora, all’improvviso, stiamo per affrontare un altro ciclo di questo tipo? … Di certo non sarei favorevole, e non credo che la mia amministrazione sarebbe favorevole a questo tipo di situazione,” aveva dichiarato ai giornalisti a Pretoria, in Sudafrica.
Immaginate se un diplomatico cinese avesse detto questo, e come sarebbe stato visto dall’Occidente, ma, a quanto pare, quando lo dice un Occidentale, in qualche modo non si tratta di sfruttamento e predazione…
Vediamo un altro esempio. Che dire della crisi del debito dello Sri Lanka, sicuramente la Cina è da biasimare come ci è stato ripetuto più volte?

Questo è un grafico incluso in un articolo della testata giornalistica tedesca DW. Come si può vedere, la Cina possiede solo il 10% del debito dello Sri Lanka. La Banca Asiatica di Sviluppo possiede il 13%, ma non lasciatevi ingannare dal suo nome: è modellata sulla Banca Mondiale e ha solo presidenti giapponesi nel suo consiglio di amministrazione. Il Giappone, per tutta la sua finanza estera, è vincolato al diktat dell’Occidente.
Quindi, chi possiede questa quota di mercato del 47% del debito estero dello Sri Lanka? Secondo NIKKEI Asia, il più grande giornale finanziario del mondo con sede a Tokyo, in Giappone:
“Alla fine del 2020, un anno dopo il mandato di Gotabaya, il debito estero del Paese era di 38,6 miliardi di dollari, pari al 47,6% del debito totale del governo centrale, secondo il FMI. Le obbligazioni sovrane internazionali costituiscono la quota maggiore, pari a 14 miliardi di dollari, seguite da 8,8 miliardi di dollari di prestiti da parte di finanziatori multilaterali e da 6,2 miliardi di dollari di debiti bilaterali. Tra i primi 20 detentori di ISB [International Sovereign Bonds] figurano BlackRock, Allianz, UBS, HSBC, JPMorgan Chase e Prudential, secondo l’Advocata Institute, un think tank con sede a Colombo.”
È qui che iniziamo a vedere la verità in questi grafici che si nascondono dietro titoli vaghi come “settore privato,” “altre istituzioni multilaterali” o “prestiti di mercato.” Si tratta prevalentemente di banche e società di investimento britanniche e americane che concedono prestiti a tassi di interesse esorbitanti. Perché i nomi di queste istituzioni non vengono mai menzionati, ma opportunamente nascosti dietro etichette così generiche e apparentemente benevole?
Vediamo anche la vera e propria calunnia e menzogna che si sta verificando nei confronti della Cina, accusata di essere responsabile della crisi del debito dello Sri Lanka. Come si può giustificare un’accusa del genere se la Cina possiede solo il 10% del debito dello Sri Lanka?
Ancora una volta, vediamo che non è la Cina la responsabile del caos economico che si sta verificando oggi nello Sri Lanka (ex colonia britannica Ceylon, che era stata un importante organizzatrice della Conferenza di Bandung). In realtà, ci sono ottime ragioni per ritenere che il National Endowment for Democracy sia dietro a gran parte del caos in Sri Lanka (per saperne di più, si veda qui).
E il FMI? Non sembrano essere quasi mai menzionati in questi grafici sulla trappola del debito, non sembrano troppo cattivi, giusto?
Potreste essere sorpresi dal fatto che l’esempio che sto per fare, quello di una storia di orrore economico del FMI, non si trova né in Africa né in Asia, ma piuttosto in Europa.
L’Ucraina di oggi è una storia tragica a più livelli.
Un tempo l’Ucraina era uno dei Paesi più ricchi dell’Europa orientale, nota come “granaio d’Europa.” Tuttavia, questo traguardo economico è sempre più difficile da raggiungere, perchè l’Ucraina faceva parte dell’URSS quando la sua economia era al suo apice. Una verità scomoda. Per questo motivo è difficile trovare un grafico del PIL dell’Ucraina che inizi prima del 1991, data dell’indipendenza dall’URSS. Dal 1991 al 1997, l’Ucraina ha perso il 60% del suo PIL [3] e ha subito tassi di inflazione a cinque cifre [4]. A chi si era affidata l’Ucraina durante questa massiccia recessione che non è mai veramente finita per gli Ucraini? Al Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Durante la disputa sull’accordo UE che aveva scatenato le proteste ucraine, si era scoperto che una parte delle condizioni di questo “accordo,” imposto con la forza dal FMI, era la richiesta di un aumento significativo delle tariffe dei servizi pubblici (in primo luogo elettricità e gas), mentre il reddito degli Ucraini avrebbe dovuto rimanere invariato.
Il popolo ucraino non ne aveva idea. L’accordo per il quale stavano combattendo, e morendo, andava a diretto vantaggio di società del gas corrotte, come la Burisma Holdings, e dei loro azionisti stranieri, a scapito economico del popolo ucraino. Una situazione simile a quella che la maggior parte dell’Europa sta affrontando oggi con una pletora di gloriosi “accordi UE” nel bel mezzo di una crisi energetica.
Si è scoperto che gran parte delle proteste giovanili in Ucraina erano state finanziate non solo direttamente dal governo americano, ma anche dal National Endowment for Democracy, il dipartimento americano per le rivoluzioni colorate.
Jeremy Kuzmarov per Covert Action Magazine ha scritto in un articolo intitolato “Il National Endowment for Democracy cancella le registrazioni dei progetti di finanziamento in Ucraina”:
Il National Endowment for Democracy (NED) – un’emanazione della CIA fondata all’inizio degli anni ’80 per portare avanti iniziative di “promozione della democrazia” in tutto il mondo – ha cancellato tutte le registrazioni di progetti di finanziamento in Ucraina dal suo database online “Awarded Grants Search.”
La pagina web archiviata, catturata il 25 febbraio 2022 alle 14:53, mostrava che il NED aveva concesso all’Ucraina 22.394.281 dollari sotto forma di 334 premi dal 2014 ad oggi. L’acquisizione delle 23:10 dello stesso giorno mostra “Nessun risultato trovato” per l’Ucraina. Al momento, non ci sono ancora “risultati trovati” per l’Ucraina…
La cancellazione dei registri del NED è necessaria per convalidare la grande menzogna dell’amministrazione Biden – riecheggiata dai media – secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina è stata “non provocata.” (per ulteriori informazioni sul NED si veda qui).
Quindi, per essere il più chiari possibile, l’economia dell’Ucraina era stata vincolata al FMI dopo la sua indipendenza nel 1991 (dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica). Era stato quasi subito dopo che l’economia ucraina aveva iniziato una tendenza al ribasso, entrando in una recessione economica e creando oligarchi ucraini da un giorno all’altro. [Anche la Russia aveva attraversato una grave recessione e aveva avuto i suoi oligarchi da un giorno all’altro a causa dell’introduzione della Perestrojka, una ristrutturazione occidentale delle finanze interne della Russia. Con il tempo, la Russia è riuscita a conquistare in parte la sua sovranità economica e finanziaria, ma si è trattato di un processo lungo che mantiene ancora elementi legati al diktat occidentale, come la Banca Centrale Russa].
Questo è ciò che costituisce la “Mosca sul Tamigi” di Londra, oligarchi ucraini e russi che, da un giorno all’altro, avevano beneficiato delle sofferenze del loro stesso popolo. Questi uomini sono servi della City di Londra. Sono traditori del loro Paese, che venderebbero le loro nonne per il diritto di sedere nel corridoio dei loro padroni, come ha detto il Presidente Putin in un recente discorso.
Sia la Rivoluzione arancione (2004) che la Rivoluzione di Maidan (2014) avevano avuto come causa scatenante la disperazione economica. Gli Ucraini sono morti per l’accordo con l’UE e hanno chiuso con la Russia. Cosa ci hanno guadagnato? Prima dell’inizio di quest’anno, l’Ucraina era di gran lunga il Paese più povero di tutta l’Europa, grazie alla firma dell’accordo con l’UE di sette anni fa. Si sono poi lasciati stupidamente trascinare in una guerra con la Russia al servizio dell’Anglo-America, che non ha mai avuto come obiettivo la libertà dell’Ucraina, ma l’innesco di un collasso economico all’interno della Russia, che è chiaramente fallito.
Forse faremmo bene a ricordare le parole di Lord Palmerston: “Non abbiamo alleati eterni, né nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui, ed è nostro dovere seguirli.”
Il popolo ucraino che ha creduto a questa frase è stato preso in giro. Il risultato di questa “Rivoluzione della dignità” è che l’Ucraina ora giace in cenere.
Ora si chiede al popolo taiwanese di seguirne l’esempio.
Note:
[2] “The Spider’s Web: Britain’s Second Empire” (2017) Documentario.
[3] “Can Ukraine Avert a Financial Meltdown?“. World Bank. June 1998. Archivio originale del 12 luglio 2000.
[4] Figliuoli, Lorenzo; Lissovolik, Bogdan (31 August 2002). “The IMF and Ukraine: What Really Happened“. International Monetary Fund.
Parte 2 di 3
Pubblicato su ComeDonChisciotte
Foto: Idee&Azione
13 agosto 2022