di Sâa François Farafín Sandouno
Tra i tanti lasciti del colonialismo, abbiamo il dovere di affrontare il tema del micronazionalismo, modello oggi incapace di soppiantare la valanga globalista sul suolo africano.
Pensare l’Impero
“Per noi, l’impero africano non sarà un’utopia”. – Marcus Garvey
In un momento in cui da un lato il globalismo egemonico sta prendendo piede e da un lato si stanno costituendo sempre più numerosi poli di civiltà extra-africani ad ostacolarlo, il ruolo dell’Africa deve essere a sua volta quello di inserirsi in questa salsa di poteri e pensare non più in termini micronazionalisti, ma in termini ”imperiali” (o in altri termini, federali).
Cosa intendiamo qui per “imperiali”? Affermiamo dunque che il corpus ideologico della Nuova Africa dovrà fondarsi su un imperialismo sul modello yankee-schengen (americano-europeo) che conosciamo oggi? Assolutamente no! Il panafricanismo del 21° secolo è allineato sul concetto di multipolarismo, che vorrebbe la presenza di più blocchi civilizzazionali autodeterminati liberi da ogni egemonia, ed è completamente agli antipodi dell’imperialismo atlantista-liberale. Tuttavia, dobbiamo distinguere il concetto di Impero e imperialismo. Nel suo senso originario, l’Impero era il sistema politico e amministrativo caratterizzato dalla coesistenza di diverse comunità in un organismo superiore (la Federazione/Stato-Civiltà), in cui si riconoscono in virtù di un sentimento non nazionalista (cfr. micronazionalismo) di appartenenza ma centrato sull’avere valori comuni. L’imperialismo, nella sua accezione moderna, è piuttosto il parossismo, la degenerazione, di un concetto nobile che è lo Stato-Civiltà, e si basa sull’espansionismo, sullo sfruttamento (in riferimento agli imperi coloniali o all’universalismo atlantista che conosciamo oggi) da parte di potenze subordinate a loro volta alla grande finanza.
Noi africani dobbiamo quindi avvalerci del concetto di “Impero” nella sua originaria accezione etimologica, facendo riferimento ad un modello unitario subsahariano che ha visto prosperare in Africa le Grandi Federazioni come l’Impero del Ghana, l’Impero del Mali, Impero Songhay, Impero Kongo, Impero Zulu, ecc., basati sull’armonia.
La debolezza del micronazionalismo
“Il nazionalismo africano è insignificante, pericoloso, anacronistico, se non è, allo stesso tempo, panafricanismo”. – Julius Nyerere
Nel 1884-1885, la Conferenza di Berlino organizzata dagli oligarchi delle varie cancellerie europee, diede inizio alla balcanizzazione del continente africano, distruggendo la configurazione territoriale immaginata dagli africani stessi. Dopo l’ondata di ”indipendenza” degli anni ’60 del 1900, le nazioni africane non hanno affrontato la questione dei confini artificiali. Pochi dirigenti, tra cui Kwame Nkrumah, Ahmed Sékou Touré, Modibo Keita, Julius Nyerere o Jomo Kenyatta, hanno ragionato in una prospettiva federale immediata.
Più passava il tempo, più il micronazionalismo, su cui si allineavano le nazioni neo-indipendenti, sembrava non trovare forza di fronte a un nuovo male emergente, ovvero il neocolonialismo occidentale. Ma se il neocolonialismo rappresentava l’ultimo stadio dell’imperialismo, secondo il compianto Nkrumah, oggi potremmo dire che l’ultimo stadio e l’ultimo grande male, come lo ha ben illustrato Kemi Seba nei suoi libri, si chiama globalismo neoliberale. Un globalismo (altro nome dell’occidentalizzazione) il cui obiettivo è distruggere, attraverso il neoliberismo culturale, tutte le civiltà non occidentali (o non moderne) radicate nella Tradizione, distruggere il nucleo identitario, etnico, sessuale, religioso (o spirituale), ma anche per cercare di indebolire, attraverso il neoliberismo economico e politico, tutte le civiltà che vogliono costituirsi in blocchi per essere padroni del proprio destino e del proprio modello endogenizzato. Di fronte a questa sfida contemporanea di due campi ideologici antagonisti, globalismo e sovranismo, l’Africa deve sapersi affermare sulla via della sovranità, consapevole che solo gli Stati continentali (blocchi di civiltà/Stati federali) hanno un futuro. Una Grande Patria africana da Capo Verde al Cairo, da Antananarivo ad Algeri è quindi vitale per la sopravvivenza della nostra Madre Africa.
La fine dell’unipolarismo e l’emergere del multipolarismo
Nonostante il motore globalista sta cercando di imporsi, sotto l’influenza dell’egemonia atlantista, stiamo assistendo a un’epoca decisiva: da una parte il panafricanismo, eurasiatismo, bolivarismo (o panamericanismo latino), etc., contro l’unipolarizzazione dell’atlantismo liberale. L’era di un unico impero, cioè quella della ”pax americana”, è finita. L’avvento di più Imperi (africano, arabo, persiano, indiano, cinese, latinoamericano, eurasiatico ed europeo) costruiti sul concetto naturale di Stato-Civiltà e pannazionalismo tradizionale dei popoli alleati, in armonia e coesione, rappresenta il futuro per un mondo ”maatico” (Maat è un concetto filosofico africano che rappresenta l’ordine e la giustizia) e multipolare.
Foto: Geopolitica.ru
23 aprile 2022