Idee&Azione

Le domande che i “riformatori” non si fanno

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di Lorenzo Marinoni

Premetto che nemmeno io sarei mai arrivato a pormi gli interrogativi in oggetto se non avessi prima conosciuto gli argomenti che mi hanno permesso di formularli. L’adozione di quello che può apparire come un mero artificio retorico – procedere a ritroso dalle risposte alle domande – deriva in realtà dall’entusiasmo di chi vorrebbe condividere con altri il successo in un’operazione di “retroingegneria delle idee” in campo sociale.

Il “macchinario concettuale” in questione è l’Antropocrazia: una visione organica di una nuova società, formulata sul finire degli anni ‘70 del secolo scorso dall’imprenditore edile italiano Nicolò Bellia.

Anche in questo caso l’autorazzismo alimentato dai poteri sovranazionali globalisti – come se dall’Italia non potesse venire nulla di buono al di fuori della pizza e di Sanremo – può andare a farsi benedire direttamente dal signor Soros.

Ci sono dunque almeno 5 domande cruciali da cui bisognerebbe partire per riformare radicalmente la società. Mi riferisco al cimento di superare tutti i paradigmi democratici, mettendo per l’occasione a tacere una volta per tutte coloro che li utilizzano – oggi più che mai, tra le schiere globaliste – come effigie della loro asserita superiorità, intellettuale e morale.

A quel punto non vale più neppure la pena di perdere tempo a dimostrare che esiste una proporzionalità inversa tra l’uso propagandistico del termine democrazia e la reale fisionomia del mondo antidemocratico al quale mirano i sedicenti liberal-democratici. Una volta dimostrato che la democrazia non è il migliore dei mondi possibili, si sfalda da sé tutto l’impianto della propaganda costruita su tale assioma. E pure la retorica delle “guerre giuste” americane, con cui i Media ci tediano con ipocrita compiacimento da oltre 30 anni, se ne va per direttissima nel bidone dell’indifferenziato.

Purtroppo la maggior parte di coloro che si dicono o ritengono dei “rivoluzionari” o dei “riformatori” non osano nemmeno immaginare una forma di governo che sia meglio della democrazia – o che non sia reperibile nel novero di quelle contemplate presso la filosofia politica dell’antica Grecia. Ciò comporta che non si arrivi nemmeno a porre le domande propedeutiche ad un compito ritenuto a priori impossibile.

Le 5 domande reclamano 5 risposte, logiche e pragmatiche: depurate cioè finalmente da ogni retaggio ideologico o contaminazione moralistica.

A dispetto delle vane enunciazioni di principio, non può infatti esistere uno Stato laico finché allo Stato si accorda una funzione moralizzatrice (Stato Etico).

La proclamata laicità dello Stato non è certo il dato acquisito che i liberal-democratici italiani vorrebbero da sempre far credere presentandola come una preziosa conquista della civiltà, quando il loro vero obiettivo continua ad essere la sostituzione definitiva del magistero morale della Chiesa cattolica con la loro ideologia nichilista.

Chi attribuisce – seppur in modo appropriato – la “corruzione dei costumi” al sopravvento dei liberal-progressisti, lì si ferma e non si domanda se sia davvero opportuno che un’entità giuridica chiamata Stato legiferi sui “costumi”.

Su questo punto la mia posizione non corrisponde al pensiero di Dugin – almeno per quanto ho potuto comprenderne fino ad ora. A mio parere non ci si deve accontentare di contrapporre all’ideologia unipolare globalista l’ideologia multipolare tradizionalista, ma si deve sviluppare un sano atteggiamento scientifico che confidi di poter infrangere non solo – come professavano gli Illuministi – ogni superstizione, ma anche ogni ideologia.             Bisogna in altre parole prendere l’unica vera eccellenza della Modernità, che è la forma mentis alla base dell’osservazione scientifica, per trascenderla in Scienza dello Spirito. Questo almeno è il fondamento metodologico dell’Antroposofia, di cui personalmente riconosco la validità.

In campo politico l’operazione può avvenire una volta che si impari a ricavare le soluzioni ai problemi inerenti la questione sociale partendo da un’osservazione oggettiva dei fatti e rimuovendo pertanto i pregiudizi ideologici – di qualunque tipo essi siano. All’origine di risposte inadeguate, nonché foriere di disastri sociali, c’è sempre l’adesione ad un’inclinazione umorale condivisa (ideologia) invece che alla realtà spirituale e insieme materiale del fenomeno analizzato.

Se ancor prima della capacità di “intus-legere” (intelligenza) manca la fiducia di poterla acquisire, manca tutto. Sarò franco: a quel punto non si è nulla di diverso dai nominalisti che hanno costruito a partire dalla loro insipienza teoretica e devianza etica l’esecrata ed esecrabile ideologia globalista e liberal-progressista.

Le domande, in duplice formulazione (più sintetica prima e più discorsiva poi) schivate o schifate dagli aspiranti “riformatori”, sono le seguenti:

  1. come garantire in concreto il diritto naturale primario alla vita, che in ogni giurisprudenza sta – ahinoi solo a parole! – al vertice della gerarchia delle fonti di Diritto? (Come superare la schizofrenia tra le belle intenzioni umanitarie, snocciolate con eloquenza buonista in tanto di regolamenti e statuti internazionali, e la quotidianità inumana del lavoro forzatamente mercenario per poter mangiare?)
  2. quale criterio adottare per immettere il denaro nella vita economica in modo equo e non ideologico? (Come superare la credenza nello Stato Etico, che in quanto monopolista delle emissioni monetarie secondo virtù, sarebbe nella condizione di impartire lezioni di imprenditoria pure agli operatori privati?)
  3. come far sì che il denaro circolante segua il valore delle merci, soggette al loro naturale deperimento fisiologico? (Come impedire la proliferazione tumorale dell’economia finanziaria ai danni di quella reale e superare al contempo la nostalgica superstizione di coloro che, considerando l’oro metallo degli Dei, vorrebbero il denaro convertibile in oro garanzia della durata indefinita che si addice alle cose celesti?)
  4. come far sì che la tassazione non si scarichi più sui prezzi, che è la causa della continua erosione del potere d’acquisto di tutti gli attori sociali, a partire dai più deboli, consumata nella frenesia istintiva e vana di chi cerca di opporsi alla perdita del proprio tenore di vita? (Come superare l’autolesionismo diffuso, per cui si persevera nell’alimentare un circolo vizioso senza uscita, prendendo acriticamente per buona l’idea di Stato Sociale di derivazione marxista?)
  5. come superare l’idea ripugnante di un denaro creato dal nulla, a prescindere dal soggetto che lo crea? (Come diradare dai concetti economici l’alone di magia che li rende appannaggio esclusivo di “iniziati” e conferir loro al contempo fruibilità universale e la plasticità adeguata al flusso della vita, la cui legge fondamentale è di andare verso la morte e, in altre forme, verso l’ulteriore rinascita?)

Seguono le risposte:

  1. Il diritto alla vita può essere garantito solo attraverso un reddito base universale, vitalizio e incondizionato. Cos’altro è il reddito base se non questo?

Chi considera il reddito base una riprovevole “paghetta per i fannulloni” non sa di cosa sta parlando. O meglio, dichiara senza volerlo di non essere mai uscito dall’adolescenza e di essere ancora ingaggiato nella lotta per l’indipendenza dal “Padre”.

In questo tipo di uomo – purtroppo assai comune – l’indolenza pareggia la perfidia. Non avendo egli la forza di sostenersi sulle proprie gambe, vorrebbe che fossero amputate per decreto regio a tutti gli altri. Egli non vuole sentirsi solo nella propria condizione di schiavitù – l’emancipazione dalla quale comporterebbe una determinazione a lui sconosciuta – e desidera pertanto, mosso da invidia e risentimento, che l’autorità imponga pure a chiunque altro di lavorare per meritarsi il pane. Egli è come un nano che si nasconde tra le gambe di un gigante malvagio (lo Stato-Leviatano) aizzandolo con la sua vocetta stridula a schiacciare chiunque si macchi della colpa imperdonabile di non essere affetto dal suo stesso nanismo morale. Questa è l’essenza di ogni bigottismo, fariseismo, servilismo e propensione alla delazione.

  1. pervenire ad un criterio equo di immissione del denaro nell’economia reale presuppone di escludere la possibilità che un soggetto emittente si arroghi il diritto di giudicare i meriti dei beneficiari dell’emissione. Ciò significa che ogni cittadino deve poter emettere denaro a credito di sé stesso quale pegno della fiducia nelle proprie capacità creative una volta emancipato dal problema della sopravvivenza.

Ogni cittadino che abbia la presenza di spirito per riconoscersi tale diritto non potrà fare a meno di volerlo veder riconosciuto nella stessa misura a qualunque altro cittadino, in quanto essere umano suo simile, nato su questa Terra con specifiche potenzialità.

Questo significa realizzare in concreto le “pari opportunità”: concetto che viene prima di ogni distinzione sessuale. Chi rimesta a sproposito e ad ogni occasione la questione sessuale – come fanno ossessivamente i liberal-progressisti, dimostra solo di essere insensibile a ciò che, trascendendo l’animalità sessuata, è realmente “umano”. Come i bambini che chiudono gli occhi ripetendo ciò che vorrebbero vedere al posto di ciò che vedono, i liberal-progressisti ripetono la litania del “restiamo umani” mentre si allontanano inesorabilmente da ogni umanità.

La risposta al secondo quesito è di nuovo il reddito base, visto da un’altra angolatura.

  1. il valore del denaro può seguire il valore delle merci solo se invecchia nel tempo insieme a loro. L’invecchiamento del denaro deve però essere pianificato e non subìto (come avviene nei processi inflattivi).

Oggi invece prima si spera che il denaro si moltiplichi da sé come sull’albero degli zecchini di Pinocchio, ma al triste risveglio ci si accorge poi che il Gatto e la Volpe della finanza internazionale se lo sono invece presi per sé. Si piange e ci si dispera, ma solo quel tanto che serve a preparare l’avvento consolatore del prossimo pifferaio magico, pronto a narrare per l’ennesima volta della mirabile ciclicità dei Mercati.

La crescita illimitata dell’economia, certificata da un progresso illimitato da meno denaro a più denaro circolante, non descrive un processo organico sano, bensì un fenomeno canceroso: di cui – quel che è peggio – si va pure orgogliosi come di fronte a una verità incrollabile della scienza economica e alle “magnifiche sorti e progressive” della Modernità.

  1. la tassazione del denaro non si scarica sui prezzi. L’aliquota di tassazione applicata al solo denaro è quel valore numerico che ne definisce il tasso di invecchiamento.

Chi guadagna non è più considerato un ladro, da colpire con una tassazione di matrice marxista, ma al contrario – in un Mercato libero dalla tassazione marxista – egli rappresenta il vero filantropo: cioè colui che con ingegno e abnegazione ha saputo servire i bisogni di un maggior numero di uomini, ottenendone il naturale riconoscimento economico.

Homo homini lupus è solo il mantra di uomini indolenti come i bigotti e i farisei di cui sopra, i quali vogliono innalzare a massima generale un loro esclusivo vizio particolare, nel puerile tentativo di cancellarlo. Tutti colpevoli, nessun colpevole. L’Italietta liberal-progressista, che non solo si sente eternamente serva di poteri esterni, ma che se ne compiace pure, è ben rappresentata da una massima adatta al contempo a descrivere le condizioni penose in cui versa la nostra Giustizia.

  1. il denaro che entra nell’economia sotto forma di reddito base non è creato dal nulla, ma rappresenta invece la rinascita o resurrezione a vantaggio di tutti del denaro preventivamente “ucciso” dalla tassazione – dopo tolta quella parte di esso destinata a coprire la spesa pubblica.

La quantità di denaro che eccede le esigenze pubbliche – peraltro circoscritte, nella proposta antropocratica, alla sola gestione della Giustizia, che a quel punto funziona – viene trasferita dallo Stato alla Banca degli Italiani, in modo che essa operi per conto di ogni cittadino accreditandone sul conto personale il reddito base.

La Passione e Resurrezione di Gesù Cristo diventa il modello della Legge Economica Fondamentale: decisa liberamente dagli uomini per riallineare la società umana alla Vita di Chi muove il mondo. L’Economia (in greco, “legge della casa”) diventa finalmente ciò che descrive il suo etimo.

Foto: Idee&Azione

26 maggio 2023

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