Idee&Azione

L’impulso sociale fondamentale

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di Lorenzo Marinoni

Al contrario del solito ritornello che ci sentiamo ripetere in tutte le salse fin da bambini, l’essere umano non è antisociale per natura, ma è solo fuorviato da cattive abitudini di pensiero che ne pervertono una postura spirituale di segno diametralmente opposto.

Homo homini lupus è la massima inossidabile solo di chi ha prima ridotto la sostanza dell’essere umano ad un’appartenenza di specie, laddove ciò che conta non è la storia del singolo, ma la sopravvivenza del gruppo. Se da un lato si umanizza l’animale attribuendogli comportamenti antropomorfi, dall’altro si animalizza l’uomo.

Dall’idea di uomo secondo la quale dodici ne fanno una dozzina discende tra l’altro tutto il cinismo della conta dei morti per dimostrare che l’ennesima guerra è stata “giusta” o l’ennesimo farmaco è stato “efficace” e che mietere un certo numero di vittime innocenti, nel primo come nel secondo caso, era tutto sommato un parametro statisticamente accettabile.

A smentita di questa desolazione morale venduta per sano realismo, la realtà è che ogni essere umano “fa specie a sé”, pur essendo tutti gli uomini accomunati dallo stesso modo di relazionarsi al mondo. Ciò che più importa nell’essere umano è l’espressione del suo spirito individuale, non la sua costituzione psicofisica, sostanzialmente identica a quella degli altri. L’animalità dell’uomo è ciò che ne fa effettivamente l’esemplare di una specie, ma è la sua umanità ciò che lo rende unico e irripetibile.

Non considerare questo aspetto fondamentale conduce fatalmente ad un atteggiamento, oggi ampiamente diffuso, che si può chiamare “autorazzismo”.

L’autorazzismo, inculcato da una sottocultura relativistica e materialistico-scientista che ha fatto propria la falsa rappresentazione di un uomo ineluttabilmente peccatore tramutandolo in geneticamente malvagio, costituisce il principale condizionamento psicologico operato sulle coscienze da parte di chi vorrebbe cancellare quella tanto fastidiosa individualità umana per meglio manipolare un branco remissivo di esseri acefali. È il delirio di onnipotenza tipico di quell’aristocrazia nera che, pretendendo di dominare il mondo secondo un anacronistico schema classista, ne fa il medium ideale delle pretese che hanno sull’Umanità Entità spirituali retrograde.

E non c’è – ahi noi – luogo dove più che in Italia la propaganda demotivante di stampo autorazzista soffochi sul nascere ogni slancio dello sguardo verso le altezze dello spirito.

L’autorazzismo va ben al di là dello slogan popolare propinato dall’ideologia globalista “prima i migranti!”.

I traditori dell’Italia, che ne occupano purtroppo abusivamente i più importanti scranni decisionali, non solo assecondano l’africanizzazione dell’Europa, ma eseguono con solerzia un compito specifico impartito dai loro padroni, anch’essi stranieri, ma molto ricchi ed esotericamente invidiosi: gli Italiani non devono prender coscienza dello spirito innovatore che abita la loro anima, ma credere in una misera Cenerentola, destinata per sempre alla fuliggine.

Le banche non sono nate in Italia per caso. In Italia è custodito sia il mistero del denaro che il suo svelamento per il benessere del mondo intero. Il tradimento della classe politica italiana ha come fine l’occultamento di questa realtà storica e spirituale a favore delle élites politiche anglo-americane e finanziarie anglo-sioniste, le quali, grazie all’assetto statalista delle democrazie liberali, usurpano impunite da più di due secoli la signoria sul denaro.

Contrariamente ad ogni aspettativa, è proprio la fiducia che l’uomo nutre nel valore del denaro a costituire la manifestazione più lampante di quegli impulsi spirituali sani che per gli influssi malefici di cui si è accennato rimangono il più delle volte sopiti nelle profondità dell’anima.

Tale fiducia si esprime in due direzioni, che sopravvivono perfino al disincanto conseguente alla constatazione del criterio fraudolento con cui oggi il denaro viene emesso.

È addirittura un’occasione formidabile per far cessare all’istante la contrapposizione tra spirito e materia la circostanza in cui l’individuo realizza che sul piano economico la seconda descrive la traiettoria del primo.

Lo scambio economico non è infatti altro che la materializzazione del desiderio di socialità.

Non esiste perciò il “vil denaro” se non nella coscienza sporca del moralista, essendo la moneta metafora più che esaustiva di ciò che rende uomo l’uomo: un essere spirituale-sociale. Lasciamo che turbi semmai il sonno dei vari Rothschild il fardello di un debito contratto con il resto dell’Umanità da quando vollero usare il denaro per possedere il mondo! L’uomo comune non può né deve farsi ammorbare dai fantasmi generati dalla cattiva coscienza di questi loschi figuri.

Da un lato vi è dunque la fiducia nello scambio, che si esprime sul piano economico come fiducia nel raggiungimento del giusto prezzo di un bene al termine della trattativa tra venditore e compratore. Dall’altro lato vi è la fiducia che i propri talenti interiori possano essere liberamente apprezzati da qualcun altro. In mezzo c’è la fiducia di addivenire un giorno ad una libera contrattazione nei rapporti di lavoro.

Ciò significa per l’uomo presentire che deve esistere una dimensione in cui si possa finalmente attuare la corrispondenza tra il valore che viene da dentro e la valuta che viene da fuori. Ciò significa che il piano “esoterico” e quello “exoterico” non devono più rimanere separati da una barriera invalicabile, ma al contrario l’uno deve inverare l’altro.

L’essere umano in altre parole sa in cuor suo di poter contribuire come individuo all’evoluzione spirituale del mondo solo attraverso un’armonica vita sociale: nella quale il denaro sia un catalizzatore di umanità e non lo strumento di prevaricazione che lo fa credere – insieme all’uomo stesso – costituzionalmente “sporco”.

Ne consegue che l’uomo non si riterrà soddisfatto finché non troverà e realizzerà una forma di convivenza civile adeguata alla sua intuizione morale fondamentale. Ciò che va rinvenuto è la forma pratica in cui tale intuizione possa incarnarsi.

L’Antropocrazia è una risposta appropriata a tale esigenza nel tempo presente, proponendo una riforma fiscale che permette di calare fin sul piano più materiale lo spirito di rinnovamento sociale di cui gli esseri umani tutti hanno oggi più che mai urgente bisogno.

L’Antropocrazia indica nel suo stesso nome che è ora di accordare la piena sovranità a null’altra entità che all’essere umano stesso, il quale potrà esercitare pienamente la sua libertà solo in un contesto sociale strutturato in modo da escluderne l’obbligo di lavorare per procurarsi di che vivere.

Il reddito base antropocratico non risponde allo schema preconcetto per cui sarebbe lo Stato a dare al cittadino una paghetta che non si merita. È al contrario il cittadino che con il reddito base riconosce a sé stesso in forma monetaria il diritto ad esistere. Tra le due concezioni c’è un abisso.

Questo è un punto cruciale che segna il discrimine tra un’adesione acritica ad una visione jahvetico-veterotestamentaria dell’esistenza (quella dell’uomo condannato sine die a pagare il prezzo della Cacciata dal Paradiso Terrestre, di cui il “sudore della fronte” è simbolo) e l’incarnazione consapevole della visione resurrettiva che è lo specifico del Cristianesimo: non come recitazione esteriore umanitario-buonista, ma come evento esistenziale o metanoia spirituale.

Ignorando il passaggio necessario a perseguire la giustizia sociale in Terra (così come – nota bene – terrestre e non celeste era il Paradiso delle Origini) si continuerà a desiderare la liberazione dalla materia come un indù qualsiasi o a riempirsi la bocca di belle parole, certo politicamente corrette e clericalmente suadenti, ma del tutto sterili e distanti anni luce dalla realtà: proprio come oggi va tanto di moda presso tutti quegli intellettuali senza nerbo né contatto con la vita vera che monopolizzano lo scenario culturale contemporaneo.

C’è di buono che gli impostori culturali vengono smascherati nella loro matrice anticristica ancor più facilmente dei loro omologhi politici. Contrassegnare la propria identità spirituale con un’espressione falsamente modesta com’è ad esempio “pensiero debole” significa ipso facto rifiutare il Logos divino: che è al contrario Pensiero-Essere, Vita, Calore, Volontà e Forza.

L’impulso sociale fondamentale che l’uomo porta dentro di sé rimarrà sempre frustrato finché l’uomo stesso non avrà il coraggio di andare oltre i pregiudizi culturali in base ai quali è costruita l’attuale società morente.

Urge liberarsi soprattutto dai presupposti del relativismo: cioè dall’idea falsa secondo cui ogni idea, vera o falsa che sia, invariabilmente chiamata “opinione”, abbia lo stesso diritto di cittadinanza nel confronto pensante tra gli uomini. Se tu dici che il cane miagola esprimi sì un’opinione personale, ma tale opinione è incommensurabile con il mio giudizio oggettivo secondo cui invece il cane abbaia. Non si tratta affatto della mia parola contro la tua: da un lato c’è un’affermazione evidentemente falsa e dall’altro un’affermazione altrettanto evidentemente vera. La mistificazione noetica e valoriale perpetrata con insistenza dal modernismo senza Dio e senza Io va rigettata senza se e senza ma.

Qualche lettore potrà pensare che la promozione del reddito base sia un elogio alla pigrizia e cioè la contraddittoria negazione dello Spirito Cristiano più sopra enunciato. Ma non è così.

C’è un filo sottilissimo ma decisivo che separa il concetto di “lavoro” da quello di “lavoro libero” e dovrebbe risultare evidente a tutti che il secondo non può esistere se sono le esigenze materiali di sopravvivenza a subordinare a sé la libera vita spirituale, di cui il lavoro dovrebbe invece essere cristallina e naturale espressione.

L’equivoco nasce del fatto che si dimentica ciò che si è detto in apertura: l’essenza spirituale dell’uomo. Lo Spirito è pura attività e pensare che l’inclinazione all’ignavia sia il carattere distintivo di chi, come l’essere umano, trae invece la propria più autentica identità dalla partecipazione allo Spirito, è la vera contraddizione.

Eppure la quasi totalità degli esseri umani rifiuta recisamente il reddito base, considerandolo la più indecente forma di assistenzialismo. I più non vogliono nemmeno sentir parlare delle proprie catene. Pertanto non ti concedono nemmeno il tempo di illustrar loro la tecnica per tagliarle. La pigrizia endemica è semmai di tipo mentale, la quale impedisce proprio quella conversione che è il focus del Cristianesimo.

Non solo il lavoratore dipendente subisce supinamente la propria dose di schiavitù. Brillanti imprenditori, che nell’immaginario collettivo, in particolare femminile, personificano la ferrea determinazione degli spermatozoi, li ritroviamo a starnazzare come donnette isteriche di fronte alla prospettiva del “reddito base”. Sembra che queste due paroline abbiano il potere di far svanire tutto il loro estro creativo e di indurli a confessare contro voglia che tutto il loro orgoglio deriva in verità dalla mera vittoria sull’indigenza. Verrebbe a quel punto da chieder loro: vi siete fatti da soli grazie alla vostra iniziativa o grazie alla miseria dei vostri padri? Siete più fieri della scalata sociale o della capacità di servire i bisogni degli altri?

Questa ottusità mentale proprio dove dovrebbe essere bandita non si spiega altrimenti che così: solo l’uomo mutilato nella sua coscienza spirituale può pensare che senza il pungolo della fame si dedicherebbe al bighellonaggio, guadagnando punti solo per l’Inferno e fermando per giunta l’intera economia. È patetico associare il concetto di dignità a quello di lavoro, almeno finché il lavoro non è libero. Quale dignità può conferire un lavoro mercenario? Non è forse una frase fatta senza sostanza sostenere che il lavoro tout court nobiliti l’uomo?

Va fatto perciò un esame di coscienza e riformulato sulla base di queste importanti notazioni il concetto di reddito base. Non ci si straccerà così più le vesti come farebbe quel particolare tipo di fariseo dell’ultima ora, che è anticristico pur credendosi cristiano.

Andrà pure al macero sia l’idea moralistica dei premi da riscuotere nell’aldilà, sia il pregiudizio bolscevico del padrone sfruttatore. Come indica in modo tanto geniale quanto non convenzionale Stefano Freddo, studioso dell’Antropocrazia, la profezia evangelica per cui “gli ultimi saranno i primi” si può applicare alla perfezione al campo economico.

Alla faccia dei benpensanti che credono nella morale della domenica e nel cinismo dal lunedì al sabato – preferendo la schizofrenia incurabile alla mescolanza di “sacro” e “profano” – in una società sana, dove esista davvero il Libero Mercato, coloro che avranno saputo servire al meglio i bisogni di un maggior numero di uomini saranno proprio gli imprenditori di maggior successo: che per essere primi si sono appunto fatti ultimi.

Solo una delle passioni umane più infime come l’invidia può rendere ciechi per questa schiacciante verità. D’altro canto solo un uomo scisso e rassegnato può sperare in una giustizia ultraterrena lasciando andare in malora la realtà entro cui concretamente vive.

Se Cristo non avesse voluto Salvare questa nostra Terra ponendo in essa il Suo Spirito affinché la Caduta non fosse irreversibile, potremmo tranquillamente indulgere nell’errore, cioè nella militanza diabolica.

Se Logos fosse un nome qualunque per indicare il diritto positivo di esprimere opinioni avulse dalla realtà equiparando il vero al falso, le entità diaboliche avrebbero ottenuto il loro scopo finale: quello di allontanare l’uomo dalla Sorgente del Pensare, che è pure la Sorgente dell’Essere.

Chi conserva un senso di responsabilità verso il mondo e verso gli altri non può vivere in quel tipo di tranquillità, né può esimersi dal denunciare la strategia dei demoni, perché sarebbe complice del loro trionfo. I concetti semplici sono i più difficili da comprendere per il semplice motivo che sono nascosti sotto varie stratificazioni di concetti pretestuosamente complessi. L’ecologia è prima di tutto un fatto interiore di carattere spirituale.

Foto: Idee&Azione

20 marzo 2023

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