Idee&Azione

L’ora del memoriale

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di Sodalitium Equitum Deiparae Miseris Succurrentis

Proprio in occasione del primo anniversario della russa SMO (Operazione Militare Speciale), nell’ora in cui l’Occidente decaduto continua ad evocare rinnovati scenari bellici con la oramai collaudata tecnica del “bue che dice cornuto all’asino” (e ben sappiamo da che parte stiano le “corna”), al rituale della menzogna va sempre di più opposto quello della verità.

Abbiamo pertanto ritenuto opportuno ed utile riproporre alcune riflessioni sulla figura di Vladimir Putin, espresse già in tempi non sospetti da un sacerdote cattolico argentino, grande filosofo e teologo, nonché membro della Compagnia di Gesù: p. Alfredo Sáenz SJ (Buenos Aires, 21 gennaio1932).

Il motivo di questa scelta è stato fondamentalmente ispirato dal carattere posseduto da p. A. Sáenz.

Noto nella cerchia dei suoi estimatori per il suo cattolicissimo rigore intellettuale, che conosce la verità e la trasmette nel momento stesso in cui indica e segnala l’errore, egli ha saputo altresì infondere in tutto il suo operato una linfa combattiva, di stampo “cavalleresco”: qualità oramai rara a ritrovarsi nella gran parte degli uomini della Chiesa cattolica (laici o ecclesiastici che siano).

La sua attività si è distinta, oltre che come docente universitario di Dogma e Patristica e nella formazione dei seminaristi, anche, e soprattutto, come predicatore di ritiri ed esercizi spirituali, nonché quale conferenziere e scrittore.

Alla luce della summenzionata sua indole, incline alla militia, risulta emblematica la propria “trainante” partecipazione a riviste dal significativo nome di Gladius o Mikael[1].

Così come rimane significativo e fondamentale, per chi possieda il carisma e la vocazione cavalleresca, il suo saggio “La Cavalleria: la forza delle armi al servizio della verità inerme[2].

  1. A. Sáenz ha messo tutta la sua persona, tutta la sua intelligenza e volontà al servizio della verità anche allorquando ha affrontato temi di carattere geopolitico ed escatologico.

Citiamo ad esempio: “Da Vladimir Rus al nuovo uomo sovietico[3], “Perestrojka, le sue cause e i suoi possibili esiti[4], “Il Nuovo Ordine Mondiale nel pensiero di Fukuyama[5], “La fine dei tempi e sette autori moderni: Dostoevskij, Soloviev, Benson, Thibon, Pieper, Castellani, Hugo Wast[6], “Uomo moderno: una descrizione fenomenologica[7].

Il suo amore e la dedizione ai temi russi, poi, è testimoniato non solo dall’opera “L’icona, splendore del sacro[8], ma altresì della tanto discussa occasione, che causò “un po’ di movimento”, del viaggio che egli organizzò in Russia nel 1993.

Alla luce di tutto ciò, vogliamo riproporre il testo di una sua conferenza risalente al 2015, dal titolo “Vladimir Putin, uno statista singolare[9] in cui p. A. Sáenz tesse un elogio dell’attuale presidente russo in quanto statista che ha voluto e saputo riportare la politica, oltre che la sua stessa nazione, ad una rinnovata attenzione per i propri valori spirituali e tradizionali.

Se lo facciamo è perché, piuttosto che indire sempre nuove “giornate della memoria” nel cui semplice ricordo del fatto passato emerge un ideologismo che lascia il tempo che trova, ci sembra più opportuno e giusto riallacciare ancora e sempre le nostre consapevolezze al momento storico stesso: così come viene ontologicamente vissuto nel suo nunc.

Ecco perché dunque un “memoriale”: quale ripresentazione presente della particolarità di un evento, di cui occorre ricordarsi ricollocandosi, però, nella totalità della sua “verità”. Contro ogni menzogna dell’Occidente decaduto.

*****

Vladimir Putin, uno statista singolare

di Padre Alfredo Sáenz

Prima di affrontare il soggetto, qualche parola, molto sinteticamente, sulla storia della Russia, dato che di solito non è molto conosciuta. Le origini del cristianesimo in questo paese risalgono al 988 e coincidono con il battesimo del principe Vladimir, al quale seguì l’evangelizzazione del principato di Rus’, che aveva sede a Kiev. Tutto questo accadde prima della separazione di Costantinopoli da Roma.

Questo nuovo regno avrebbe compreso, con il passar del tempo, una grande area geografica, oggi occupata da Russia, Ucraina e Bielorussia, la prima forma politica organizzata dalle tribù slave orientali che avevano aderito al cristianesimo: così si costituì il popolo russo. La scrittura russa, che rappresenta il cardine fondamentale di una cultura, fu introdotta dalla diffusione del cristianesimo nelle tribù slave attraverso la diffusione dei caratteri cirillici. Ciò accadde grazie a due grandi santi, Cirillo e Metodio.

In seguito ci fu l’invasione dei mongoli, che occuparono l’area della vecchia Rus’. Il popolo russo, popolo a quel tempo perseguitato, trovò nella Chiesa il proprio sostegno. In quel periodo il centro religioso e politico fu trasferito da Kiev a Vladimir (1299) ed in seguito a Mosca nel 1322. In quegli anni i príncipi acquisirono le capacità necessarie per poter affrontare i mongoli e, al comando del principe Dimitri Donskoi, sconfissero definitivamente l’esercito mongolo nella battaglia di Kulikovo.

Nel 1453 Costantinopoli, a cui aderiva la Chiesa russa, fu conquistata dall’Impero Ottomano. Il principato di Mosca, che non cadde sotto il potere dei turchi, aumentò l’importanza di questa città che fu chiamata Terza Roma, dopo le prime due, Roma e Costantinopoli. Gli zar considerarono la Russia l’erede legittimo dell’Impero Romano d’Oriente.

Sotto il governo di Pietro il Grande e di Caterina la Grande, la Chiesa ortodossa si vide subordinata alla politica. Dopo la caduta dell’ultimo zar, Nicola II, il bolscevismo portò avanti una gigantesca opera di laicizzazione del popolo russo.

  1. La figura di Putin

Vladimir Putin è nato a Leningrado, l’antica San Pietroburgo, il 7 ottobre 1952, in una famiglia molto modesta. La mamma lo fece battezzare nella cattedrale della Trasfigurazione della città nel più grande segreto. Il padre era militante del Partito Comunista. Solo nel 1996 Putin seppe di essere stato battezzato. Tutta la sua giovinezza la passò a Leningrado. In quegli anni sentì il desiderio di servire il proprio paese nel campo dell’informazione, più concretamente nel KGB. A Leningrado c’era una delle più prestigiose università sovietiche e Putin vi studiò Legge. Era già membro del KGB quando venne inviato a Dresda, nella Germania Est, nel 1985.

Questa destinazione sarebbe stata provvidenziale perché gli fornì l’occasione di assistere nel 1989 ai gravi avvenimenti che scossero la Germania Est. Il KGB non sapeva come affrontare la situazione, aspettando da Mosca istruzioni che non arrivarono mai. Poco dopo ci sarebbe stato il dissolvimento del Patto di Varsavia ed il naufragio dell’Unione Sovietica. “Con questo fatto di ‘Mosca non risponde’, ho avuto la sensazione che il paese non esistesse più. Che fosse sparito. Era chiaro che l’Unione Sovietica stava agonizzando, era in fase terminale” dirà Putin nel 2000.

A gennaio del 1990, senza aspettare l’affondamento di un sistema che già sembrava inevitabile, lasciò il servizio attivo nel KGB e tornò a Leningrado per finire la sua tesi di laurea.

Che avrebbe fatto allora in politica? Gli venne in mente di offrirsi a Boris Yeltsin, di cui fu diretto collaboratore, ma questi rinunciò il 31 dicembre. Questa circostanza mise Vladimir Putin alla testa dello Stato, prima di essere eletto trionfalmente, alcuni mesi dopo, a marzo del 2000, Presidente della Federazione Russa. Straordinaria ascesa di chi mai aveva voluto “fare carriera”, e di cui Solzhenitsyn avrebbe detto, dopo averlo incontrato nel settembre 2000: “Ha uno spirito penetrante, capisce subito e non ha alcuna sete personale di potere. Il Presidente capisce tutte le enormi difficoltà che ha ereditato. Bisogna mettere in risalto la sua straordinaria prudenza ed il suo equilibrato giudizio”. Perciò si poteva prevedere che avrebbe preso strade diverse da quelle preferite dalle democrazie occidentali.

È sufficiente considerare il profilo di alcuni membri del suo attuale Governo per apprezzare la competenza, l’esperienza ed il disinteresse che esige Putin da quelli che lo accompagnano nella sua elevata gestione politica. Tutti i trentatrè membri su cui conta sono laureati in Legge, Economia, Scienze, Ingegneria, ecc., e con grande esperienza professionale. Il più importante fra loro è Dimitri Medvedev, che ha studiato Legge. Nel 2005 Putin lo ha nominato Vicepresidente del suo governo. A marzo 2008, a 42 anni, è stato eletto Presidente della Federazione russa in sostituzione di Putin, a cui la Costituzione impediva di ottenere un nuovo mandato ma non di esercitare le funzioni di Primo Ministro, carica che gli ha dato Medvedev. I due si intendono alla perfezione. Medvedev ha una personalità più conciliante di Putin, ma si è dimostrato altrettanto energico e altrettanto determinato a far rispettare la legge ed a restaurare la grandezza del paese. Nel 2012, Medvedev ha terminato il suo mandato presidenziale ed allora è stato eletto Putin che, ripreso il potere, ha nominato Medvedev Primo Ministro e ciò dà grande stabilità alla Russia.

  1. Il risveglio della Russia di fronte ad un’Europa esitante

Putin sostiene che la Russia ha attraversato un deserto spirituale, andando verso un nuovo incontro con le proprie radici. Dice: “i russi sono tornati alla fede cristiana senza alcuna pressione esercitata dallo Stato né dalla Chiesa. La gente si chiede perché. Quelli della mia età ricordano i codici dei costruttori del comunismo… Quando questo Codice sparì, vi fu un vuoto morale che non poteva essere colmato se non ritornando ai valori autentici”.

Fu soprattutto in occasione dei Congressi realizzati a Valdai che Putin ci ha lasciato le riflessioni più intelligenti. A questi Congressi, che hanno luogo ogni anno, partecipano circa duecento fra esperti e giornalisti, leader politici e spirituali, filosofi e uomini di cultura, russi, americani, inglesi, francesi, tedeschi e cinesi. Putin trova un simbolo significativo nel fatto che Valdai, il luogo scelto per questi Congressi, sia geograficamente in un luogo “di fondazione” dell’antica Rus’.

Proprio in uno di questi Congressi, il 19 settembre 2013, Putin sottolineò la convenienza di aver scelto quel posto: “Siamo nel centro della Russia, un centro non geografico ma spirituale”. È proprio, segnala, nella regione di Novgorod, in cui si trova Valdai, la culla della prima Russia, la Russia cristiana. Putin ha assistito a diversi di questi Congressi, sfruttando l’occasione per pronunciarvi discorsi vigorosi. In quello del 10 novembre 2014 ne approfittò per dire che in quelle cerimonie si esprimeva con totale libertà: “Parlerò chiaramente e sinceramente. Alcune cose possono sembrare dure. Se però non parlassimo in modo chiaro e sincero di ciò che davvero pensiamo non avrebbe senso riunirsi in questo modo. Bisognerebbe allora fare delle riunioni diplomatiche in cui nessuno parla chiaramente e, ricordando le parole di un noto diplomatico, possiamo indicare che la lingua venne data ai diplomatici per non dire la verità”.

Dunque nel discorso del 19 settembre al quale abbiamo appena accennato, parlò del suo proposito di restaurare la Russia tradizionale che era nata cristiana e patriottica. Di fronte alla stampa riunita, Putin dedicò buona parte del suo discorso al tema dell’identità nazionale russa. Disse: “Per noi, dato che sto parlando dei russi e della Russia, le domande ‘Chi siamo? Cosa vogliamo essere?’ suonano sempre più forte nella nostra società. Ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica e non c’è possibilità di ritorno. È chiaro che il progresso è impossibile senza la spiritualità, la cultura e l’autodeterminazione nazionale. In un altro modo non saremo capaci di sopportare le sfide interne ed esterne né potremo avere successo nella competizione globale”.

L’avvicinamento della Chiesa allo Stato fu intensificato da due avvenimenti: l’elezione nel 2009 di Cirillo, vescovo di Smolensk, a Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ed il ritorno al potere di Putin nel 2012. Nel suo famoso discorso del 19 settembre 2013, con cui chiuse il Congresso dedicato al tema “La diversitá della Russia per il mondo moderno”, non ebbe paura di affermare la sua convinzione della necessità di tornare alla fede. Disse: “Molta gente nei paesi europei si vergogna ed ha paura di parlare di queste convinzioni religiose. Si stanno eliminando le feste religiose o si sta cambiando il loro nome, nascondendo l’essenza della celebrazione”. In questo stesso discorso fece una chiamata al popolo russo per fortificare una nuova identità nazionale basata sui valori tra- dizionali, come quelli che possiede la Chiesa Ortodossa, facendo notare che la parte occidentale del paese stava affrontando una crisi morale. Parlando della “parte occidentale del paese” non si stava riferendo alla zona russa confinante con l’Europa che sta perdendo la fede?

È evidente che Putin voleva dare un impulso al suo popolo –ruski mir– a ritornare alla fede dei propri padri, soprattutto davanti allo spettacolo di un’Europa che sembrava voler dimenticare le sue radici cattoliche. Non suggerisce nulla il fatto che nel 2012 Putin abbia chiesto di essere benedetto con l’immagine della Vergine di Tiflin, usanza che avevano gli zar di Russia a partire da Ivan il Terribile? Nello stesso discorso di Valdai di cui abbiamo appena parlato, disse: “La Russia è uno degli ultimi guardiani della cultura europea, dei valori cristiani e della vera civiltà europea”. Fustigò subito dopo quell’Europa che “rinuncia alle proprie radici”.

In concreto, la Russia ha conosciuto un rifiorire religioso dopo la caduta del comunismo. Se nel 1988, prima del crollo dell’Unione Sovietica, la Chiesa Ortodossa contava 67 diocesi, 21 monasteri, 6893 parrocchie, 2 accademie e seminari, nel 2008 contava 133 diocesi, più di 23.000 parrocchie, 620 monasteri, 32 seminari, 1 istituto teologico, 2 università ortodosse. Tra il 1991 ed il 2008, la quota di adulti russi che si consideravano ortodossi crebbe dal 31% al 72%, mentre la percentuale della popo- lazione russa che non si considerava di nessuna religione diminuì dal 61% al 18%.

La posizione di Putin è chiara, come lascia trasparire con grande forza lo stesso discorso pronunciato a Valdai. Estraiamo alcune frasi. “Ogni paese deve avere forza militare, tecnologica ed economica, tuttavia la cosa principale che determinerà il successo, la qualità dei cittadini, della società, è la sua forza spirituale e morale”. Perciò, aggiungerà, il paese dovrà considerarsi come una nazione con la propria identità, con la propria storia, con le proprie tradizioni. Solo così i suoi membri potranno unirsi per un fine comune. “In questo senso, la questione dell’incontro e del rafforzamento dell’identità nazionale è davvero fondamentale per la Russia”. Le varie catastrofi del XX° secolo, aggiunse, ebbero come conseguenza un colpo devastante alla cultura nazionale russa ed ai suoi codici spirituali, così come la conseguente mancanza di moralità della società.

Putin ha insistito nello stesso discorso sulla gravità dell’apostasia dell’Europa: “Un’altra sfida seria per l’identità della Russia è legata ad alcuni eventi che si sono prodotti nel mondo. I temi sono due: la politica estera e l’aspetto morale. Possiamo apprezzare come molte delle nazioni euro-atlantiche stanno respingendo attualmente le loro radici, includendo i valori cristiani che costituiscono il fondamento della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali ed ogni identità tradizionale: nazionale, culturale, religiosa e perfino sessuale. Stanno implementando politiche che equiparano le famiglie numerose a coppie dello stesso sesso, la fede in Dio alla fede in Satana”. E prosegue: “La gente in molte nazioni europee prova vergogna o ha paura di parlare della sua appartenenza religiosa. Le feste religiose sono abolite o piuttosto prendono un nome diverso; il loro significato resta occulto, così come la loro origine morale. Si sta poi cercando di esportare aggressivamente questo modello al resto del mondo”.

C’è quindi, nella vecchia Europa, un profondo degrado morale. “Senza i valori radicati nel cristianesimo…, senza le regole della moralità che han preso forma durante un millennio, i popoli perderanno la loro dignità umana. Noi consideriamo naturale e retto difendere questi valori. Bisogna rispettare i diritti delle minoranze, ma i diritti della maggioranza non devono esser messi in discussione”. E conclude: “Credo profondamente che lo sviluppo personale, morale, intellettuale e fisico devono rimanere nel cuore della nostra filosofia. Prima del 1990 Solzhenitsyn affermò che l’obiettivo principale della nazione avrebbe dovuto essere quello di preservare il popolo dopo un XX secolo molto difficile”.

  1. Segni di resurrezione spirituale

La Russia vive una profonda rinascita della religione che è lì tradizionale, l’Ortodossia. Questa rinascita sembra un vero miracolo dopo più di sette decenni di comunismo sovietico durante i quali milioni di cristiani, ortodossi e cattolici, sono stati assassinati o allontanati dalla pratica della loro religione. Attualmente si assiste in Russia ad un ritorno ammirevole, soprattutto alla liturgia. La Pasqua continua ad essere la celebrazione più importante della Russia moderna, lo provano le chiese piene di gente di ogni ceto che vanno lì a pregare ed a confessarsi.

Lo stesso Putin, così come il Primo Ministro Dimitri Medvedev, in comunione con il loro popolo, assistono ogni anno alla Messa di Pasqua celebrata dal Patriarca nella Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca. Questo però non è tutto. Anche se è vero che la Costituzione russa del 1993 sembra mostrare un certo carattere laicista, simile alle Costituzioni di vari paesi europei, Putin ha fatto il possibile per favorire la Chiesa Ortodossa, appoggiandosi alla sua dottrina. Il 19 novembre 2010 fece votare dalla Duma, cioè dal Parlamento Nazionale, una legge che autorizzava la restituzione alla Chiesa di tutti i beni che le erano stati strappati dallo Stato e dalle municipalità dopo il trionfo della Rivoluzione bolscevica. L’8 febbraio 2012 promise sovvenzioni per circa 80 milioni di euro per finan- ziare diversi progetti di rinnovamento della Chiesa Ortodossa. Crediamo di aver perfino letto che aveva disposto ci fossero cappellani nelle Forze Armate. Aggiungiamo il coraggio che ha esibito nell’ordinare il trasferimento dei resti della famiglia imperiale, vilmente assassinata su ordine di Lenin, a San Pietroburgo, dove fece loro dare una degna sepoltura, confessandosi e facendo la comunione quel giorno.

Un aneddoto chiarificatore. Alcuni anni fa Putin ricevette la visita a Mosca del re dell’Arabia Saudita. Prima di partire gli disse di voler comprare un grande appezzamento di terra per edificarci, con denaro solamente arabo, una grande moschea nella capitale russa. “Non c’è problema -gli rispose Putin- ma ad una condizione: che Lei autorizzi la costruzione nella sua capitale di una grande chiesa ortodossa”. “Non può essere”, ribatté il re. “Perché?”, domandò Putin. “Perché la sua religione non è quella vera e non possiamo permettere che s’inganni il popolo”. Putin replicò: “Io penso lo stesso della sua religione e tuttavia permetterei di edificare il suo tempio se ci fosse reciprocità. Così lasciamo stare questo argomento”.

La Chiesa è infatti considerata dal Cremlino un alleato fondamentale dello Stato, destinata a custodire l’identità spirituale e culturale della Russia. Così come il Cremlino promuove la Chiesa come una società che rappresenta i valori della nazione, la Chiesa considera opportuno collaborare con le autorità politiche per promuovere misure che proteggano la famiglia e salvaguardino la moralità pubblica.

Consideriamo alcuni casi di questa collaborazione. Uno di questi è la legge antiblasfemia votata dalla Duma come conseguenza di un episodio scabroso. Tre femministe si erano esibite all’interno della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, collocandosi nella parte più sacra del presbiterio, con musica rock di fondo, di carattere irriverente. Le autorità politiche lo considerarono un gesto chiaramente vandalico, condannandolo categoricamente e castigandolo come si doveva, mentre per le autorità ec- clesiastiche fu una profanazione blasfema. I media occidentali mostrarono l’episodio come una violazione dei diritti umani da parte delle autorità politiche e di persecuzione contro artisti “creativi”. La Chiesa, da parte sua, ha appoggiato le nuove norme del Governo che limitano l’accesso all’aborto e la legge introdotta da Putin secondo cui si proibisce di pubblicare ogni materiale che fomenti l’omosessualità, la bisessualità e la transessualità, soprattutto se cerca di influenzare i minori. I manifestanti che in un’occasione vollero rendere pubblica la loro arroganza “gay” furono osteggiati al grido di “Mosca non è Sodoma!”.

Nel suo famoso discorso a Valdai nel settembre 2013 Putin incluse un’orgogliosa risposta ai ripetuti appelli dell’Occidente a boicottare i Giochi Olimpici Invernali di Sochi, a causa della legge russa che impedisce la promozione dell’omosessualità. Dopo il discorso, coloro che avevano assistito al Congresso passarono in sala da pranzo, dove c’era l’ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi. Putin si mise a scherzare alludendo all’amicizia di vecchia data che aveva sia con Prodi che con il suo nemico, l’ex presidente del Consiglio dei Ministri italiano Silvio Berlusconi, affermando che (in quei giorni) “Berlusconi veniva giudicato perché viveva con delle donne, ma se fosse stato omosessuale nessuno lo avrebbe sfiorato con un dito”. Allo stesso tempo, lo Stato pro- muove apertamente il carattere sacramentale del matrimonio così come lo intende la Chiesa. Si capisce l’avversione dell’Occidente postcristiano.

Come si può vedere, Putin ha assunto esplicitamente la difesa della famiglia tradizionale. L’11 febbraio 2013 vi fu un incontro tra il Governo e le autorità religiose. Il capo dello Stato segnalò la necessità di riconoscere alla Chiesa Ortodossa uno spazio maggiore nelle discussioni politiche riguardanti questioni come la famiglia, l’istruzione dei giovani e lo spirito patriottico. Riguardo alla difesa di tali valori, in particolare quello della famiglia, in varie occasioni Putin ha voluto mostrare la sua volontà di vedere la Russia tornare ai valori tradizionali della società. A tal fine ha segnalato l’alto apprezzamento che ha della famiglia, intesa come elemento fondante per lo sviluppo dello Stato e della società, e l’attuazione di una strategia politica e sociale che la favorisca, contribuendo così in modo decisivo ad invertire la corrente demografica che aveva afflitto la Russia negli ultimi decenni. Se si tiene conto del fatto che “l’inverno demografico” che ha colpito questa grande nazione tra il 1990 ed il 2005 è oggi una situazione comune a quella della maggioranza degli Stati europei, non c’è dubbio che in questa materia l’attuale modello russo costituisce un esempio a livello internazionale. Varie volte Putin ha fatto riferimento agli attacchi che si portano all’istituzione familiare. Questo spiega perché la Russia è così attenta alla questione demografica. La protezione dei diritti e degli interessi della famiglia, della maternità e dell’infanzia sono una questione prioritaria per le autorità pubbliche. Gli attuali dirigenti sembrano intendere che il problema della riduzione della natalità non è attribuibile solo a motivi economici ma ha radici più profonde, di carattere culturale, ciò spiega la necessità di intervenire anche nel campo dell’educazione e dell’informazione. Il sistema di vita capitalista e globalizzato crea una pericolosa tendenza che attenta contro la società. Putin lo afferma senza giri di parole: “La crisi della società umana si esprime soprattutto nella perdita della sua capacità riproduttiva”. Grazie alle misure del Governo, in Russia si è ridotto drasticamente il numero di aborti e si aiuta la donna incinta del secondo figlio con una somma equivalente a 10.000 dollari e con terreni quando avrà il terzo figlio.

In un discorso all’Assemblea Federale il capo dello Stato, si espresse così: “Oggi molte nazioni stanno rivedendo i loro valori morali e le norme etiche, erodendo tradizioni etniche e differenze tra popoli e culture. Alla società si richiede ora non solo di riconoscere il diritto di ognuno alla libertà di coscienza, ma anche di accettare senza condizionamenti l’uguaglianza tra bene e male che per quanto sembri strano sono concetti totalmente opposti… Noi sappiamo che ci sono sempre più popoli nel mondo che sostengono la nostra posizione di difendere i valori tradizionali, che hanno costituito le basi spirituali e morali della civiltà di ogni nazione per migliaia di anni: i valori tradizionali della famiglia, la realtà della vita umana, includendo la vita religiosa, e non solo dell’esistenza materiale ma anche la parte spirituale ed i valori dell’umanesimo e della diversità globale. Certamente questa è una posizione conservatrice. Nelle parole di Nicolas Berdjaev però, il punto di vista del conservatorismo non è quello di prevenire movimenti di avanzamento, ma di prevenire movimenti di retrocessione e di caduta, in un’oscurità caotica ed un ritorno allo stato primitivo”.

Grazie a Dio, Putin si sente accompagnato nella difesa dei valori tradizionali dal Patriarca di Mosca, Cirillo, uomo lucido e coraggioso. Di lui abbiamo trattato a lungo in un commento fatto al suo libro “Libertà e responsabilità: in cerca dell’armonia”, Mosca 2009. Vedere la nostra rassegna nella rivista Gladius, n° 80, anno 2010, pp. 38-44.

  1. La posizione politica di Putin nell’ambito dell’Eurasia

Nel suo discorso di Valdai, citato tante volte, a settembre 2013, Putin fece riferimento a quanto accaduto nel Trattato di Versailles che, come ricordò nel suo intervento, fu firmato senza la partecipazione della Russia. “Molti esperti, e sono totalmente d’accordo con loro, credono che Versailles abbia messo le basi della Seconda Guerra Mondiale, dovuto al fatto che fu ingiusto col popolo tedesco; gli impose restrizioni alle quali non poteva sottostare, ed il corso del ‘900 lo mise in evidenza”.

Nel discorso di Valdai a novembre 2014, Putin affrontò nuovamente il tema. La Seconda Guerra Mondiale, disse allora, portò conseguenze deplorevoli. In seguito la lunga Guerra Fredda. Putin si arresta su questo punto. “La guerra fredda è finita. Ma non con una dichiarazione di ‘pace’ mediante accordi comprensibili e trasparenti di osservazione delle norme e degli standards esistenti o della creazione di nuovi. Sembrava che i cosiddetti vincitori della guerra fredda avessero deciso di sfruttare la situazione, di impossessarsi di tutto il mondo per fare esclusivamente i propri interessi… Lo stesso concetto di ‘sovranità nazionale’ per la maggioranza dei paesi si è trasformato in qualcosa di relativo. In pratica è stata proposta la formula: quanto maggiore è la lealtà ad un solo centro di influenza nel mondo, maggiore è la legittimità di questo o di quel regime di governo”.

Putin si riferisce, è ovvio, agli Stati Uniti. Ci sembra che per essere equanime, avrebbe dovuto anche alludere all’altro polo imperiale, quello sovietico, che durante la guerra fredda prese le redini in tanti paesi e tanti altri ne infiltrò. È vero però che la guerra fredda favorì soprattutto gli Stati Uniti che, alla lunga, ne uscirono vincitori. Crediamo che si riferisca alla persistente ingerenza americana negli affari interni di altri paesi, o al ricatto nei confronti di alcuni loro leaders “Può essere che non abbiamo ragioni di preoccuparci, discutere, fare domande scomode? Può essere che l’esclusività degli Stati Uniti, la maniera in cui gli Americani esercitano la loro leadership, sia davvero benefica per tutti, e la continua ingerenza negli affari mondiali porti tranquillità, benefici, progresso, benessere, democrazia e ci sia semplicemente da rilassarsi e godersi la vita? Mi permetto di rispondere no. Non è così”.

Juan Manuel de Prada, nella sua eccellente serie di articoli che ha pubblicato durante il 2014 sul quotidiano madrileno ABC, ne dedica uno al nostro tema, e per capire meglio ciò che oggi offre l’Occidente ai giovani, raccomanda una rilettura intelligente de I fratelli Karamazov, la splendida opera di Dostoevskij: “Noi insegneremo loro -dice il Grande Inquisitore- che la felicità infantile è la più deliziosa… Naturalmente, li faremo lavorare, ma organizzeremo la loro vita in modo che nelle ore di svago giochino come bambini fra canti e danze innocenti. Permetteremo loro anche di peccare, dato che sono deboli, e a causa di questa concessione ci professeranno un amore infantile. Diremo loro che tutti i peccati si redimono se si commettono con il nostro permesso”. È questa la felicità da formicaio che l’Occidente promette.

Questo mondo apparentemente trionfante, prosegue de Prada, ha le gambe corte. Dostoevskij aggiunge, in Diario di uno scrittore: “La caduta della vostra Europa è imminente. Tutte queste dottrine parlamentari, tutte le teorie civiche professate oggigiorno, tutta la ricchezza accumulata, tutto ciò sarà distrutto in un istante e sparirà senza lasciare traccia”. De Prada avvisa che ai sempliciotti sembreranno elucubrazioni misticheggianti. “Per difendere tali elucubrazioni però, molti russi consegnarono il proprio sangue nei gulag; qualcuno che sopravvisse ai gulag le continuò a difendere in seguito, come ad esempio Solzenicyn, che ne La quercia e il vitello scrisse: ‘Riguardo all’Occidente, non ci sono speranze. E più, non dobbiamo mai contarci. Se otteniamo la libertà la dovremo solo a noi stessi. Se il XX secolo ha una lezione nei confronti dell’umanità, saremo noi ad averla data all’Occidente, non l’Occidente a noi: l’eccesso di benessere ed un’atmosfera contaminante di sfacciataggine gli hanno atrofizzato la volontà ed il giudizio…”. Per questo conclude de Prada, “noi che leggiamo Dostoevskij e Solzenicyn e non ci lasciamo cloroformizzare dalle chiacchiere degli pseudo intellettuali, siamo dalla parte della Russia”.

Sulla rivista cattolica francese Il est ressuscité è stata inclusa recentemente un’interessante analisi di attualità riguardo al nostro tema. Oggi i cannoni dell’Occidente, vi si dice, sono puntati contro la Russia. Non erano puntati, a suo tempo, contro l’Unione Sovietica -era sua alleata durante la guerra- ma ora sono puntati contro la Russia postcomunista, in particolare contro quella di Putin. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la regione tornò ad attrarre l’attenzione dei grandi “strateghi” occidentali, in particolare di Zbigniew Brzezinski, il mentore ideologico della Trilateral Commission, che nella sua opera The Grand Chesboard, pubblicata nel 1997, ha sostenuto che la chiave del potere globale è il controllo delle Repubbliche dell’Asia Centrale. “Per ottenere tale controllo -spiega- è importante contenere la Russia -indebolita-, lasciando, così, campo libero a Washington di farsi garante della stabilità e del libero accesso all’area. La finalità di questa strategia è ostacolare, e successivamente, dopo che la Russia abbia perso forza, impedire una Russia potente e sovrana, come lo è quella attuale…”.

Nel 2004, e in seguito nel 2009, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno incentivato l’avanzata della NATO verso Est, con la cooperazione della quasi-totalità degli antichi paesi satelliti del Patto di Varsavia e dei tre paesi baltici, già repubbliche sovietiche, oggi particolarmente ostili alla Russia. Questo ampliamento, che implica l’installazione di nuove basi della NATO sempre più vicine alle frontiere russe, non può che inquietare la Russia. Insomma, la Russia crede di capire che gli Stati Uniti cercano di arrivare al dominio del mondo. Nel suo famoso discorso del 19 settembre 2013 a Valdai, Putin disse: “Gli Stati Uniti falliranno come l’Unione Sovietica cercando di imporre il loro modello al resto del mondo”. E poi: “Notiamo dei tentativi per far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e di offuscare le istituzioni di diritto internazionale e la sovranità nazionale. Un simile mondo, unipolare e standardizzato, non richiede Stati sovrani ma vassalli. Ciò equivale a rinnegare la propria identità, la diversità del mondo donata da Dio”.

  1. La politica di Putin nei confronti dell’Islam

Parlando in maniera generica, la Russia non segue pedissequamente la politica degli Stati Uniti. Nel suo famoso discorso, sul quale siamo tornati tante volte, di settembre 2013, Putin ha detto: “La sovranità, l’indipendenza e l’integrità della Russia sono linee che nessuno può varcare”. Un anno dopo, nella sua conferenza a novembre 2014, sempre a Valdai, riguardo alla guerriglia mussulmana in Irak, in Libia, ecc., parla di un “poligono di allenamento di terroristi”. Dopo aver lodato i militari egiziani che avevano fatto uscire dal caos il loro paese, tanto colpito dal terrorismo mussulmano, ricorda quanto accaduto in Irak. Saddam Hussein fu accusato di possedere armi letali e per questo si invase l’Irak. Poi ci si accorse che quelle armi non le aveva. Si sarebbe dovuto chiedere scusa al governo iracheno. Cosa s’è fatto? Saddam Hussein e altri furono giustiziati. Saddam era il protettore delle minoranze religiose irachene, in modo particolare dei cattolici. A volte andava alla Messa celebrata dal vescovo di Bagdad, naturalmente senza entrare in chiesa, lo aspettava sulla porta per salutarlo. Dopo aver abbattuto il regime di Saddam Hussein, i vincitori distrussero le istituzioni statali, esercito incluso. “Decine di migliaia di soldati e officiali, vecchi attivisti del partito Baat, rimasti in mezzo alla strada, sono ora con i guerriglieri. Può essere lì la chiave della capacità dell’ISIS? Agiscono in modo molto efficace dal punto di vista militare, è gente molto professionale”.

Con una certa ironia Putin inquadra così i politici statunitensi: “A volte abbiamo l’impressione che i nostri colleghi ed amici lottino costantemente contro i risultati della loro stessa politica, dedicando i loro sforzi a lottare contro i rischi che loro stessi hanno creato”. Il dirigente russo denuncia quello che chiama “il mondo unipolare”, diretto dall’America, vera “dittatura sui popoli e sui paesi”. L’America indica chi è il nemico, come durante la guerra fredda, e così esercita il diritto alla leadership, o, se si preferisce, “il diritto al diktat”. Aggiunge: “Agli alleati dell’America si diceva sempre: ‘Abbiamo un nemico comune, è terribile, è il centro del male. Noi vi difenderemo da lui, voi siete nostri alleati e quindi abbiamo il diritto di dirigervi, farvi servitori dei nostri interessi politici ed economici…’”.

La Russia, quindi, vuole salvare la sua l’idiosincrasia politica, senza sottomettersi ai diktat dell’America e dei suoi alleati europei. Putin sa perfettamente che le proiezioni demografiche dell’Europa indicano che, se continua così, tra 25 anni l’Europa sarà islamica. I mussulmani hanno numerosi figli mentre gli europei uno o due. Per questo in un suo energico discorso davanti all’Assemblea della Federazione Russa ad agosto 2013 disse: “In Russia dovete vivere da russi! Qualsiasi minoranza di qualsiasi parte, che voglia vivere in Russia, lavorare e mangiare in Russia, deve parlare russo e deve rispettare le leggi russe. Se preferiscono la sharia e vivere da mussulmani consigliamo loro di andare nei posti in cui la sharia è la legge dello Stato… La Russia non ha bisogno di minoranza mussulmane, sono le minoranze mussulmane ad aver bisogno della Russia e non garantiamo loro privilegi speciali né cerchiamo di cambiare le nostre leggi adattandoci ai loro desideri. Non importa quanto forte gridino ‘discriminazione’. Non tollereremo mancanze di rispetto nei confronti della nostra cultura russa. Dobbiamo imparare molto dai suicidi di America, Inghilterra, Olanda, Francia, ecc., se vogliamo sopravvivere come nazione. I mussulmani stanno vincendo in quei paesi e non ci riusciranno in Russia. Le tradizioni e le usanze russe non sono compatibili con la mancanza di cultura e con le forme primitive della sharia e dei mussulmani. Quando questo onorevole corpo legislativo penserà a creare nuove leggi, dovrà tenere a mente per prima cosa l’interesse nazionale russo, osservando che le minoranze mussulmane non sono russe”. I membri del Parlamento, levatisi in piedi, applaudirono Putin per cinque minuti.

Ricordiamo anche il caso del Kossovo, del quale la Serbia, paese cristiano, si vide spogliata per l’influenza dell’America e dei paesi della NATO dopo 78 giorni di intensi bombardamenti. Putin comprese che con cattiveria si strappò a quel paese slavo e fratello quella provincia storicamente sua, riuscendo alla fine a stabilire un nuovo Stato mussulmano, indipendente dal 2008 ed oggi occupato dalle mafie kossovare albanesi. La Russia volle impedire questa prepotenza e questo sproposito, intervenendo, nel 1999, con un’unità di paracadutisti, in barba alla NATO.

Nel suo discorso del 24 ottobre 2014 davanti al Club Valdai il Presidente russo disse: “Nel corso delle nostre conversazioni coi dirigenti degli Stati Uniti ed europei, parlavo sempre della necessità di lottare assieme contro il terrorismo, di considerarlo una sfida su scala mondiale… I nostri amici esprimevano il loro accordo ma dopo un po’ ci ritrovavamo al punto di partenza. Dapprima vi fu l’operazione militare in Irak, dopo quella in Libia, posta sul bordo dell’abisso. Perché la Libia fu ridotta in questo stato? Oggi è un’oasi in pericolo di smantellamento ed è divenuta un campo di addestramento per i terroristi”. Ricordiamo che Gheddafi era stato uno dei dirigenti politici mussulmani più vicino all’Occidente. Aiutò noi argentini dandoci missili per la nostra guerra delle Malvine. Manteneva inoltre buone relazioni con l’Italia e la Francia. Gli hanno ucciso un figlio durante un bombardamento ed in seguito lui stesso è stato vigliaccamente assassinato. Sembrerebbe che avessero scelto i più vicini a noi per eliminarli. L’Arabia Saudita invece, nemica diretto dei cristiani, non è stata toccata. Come dice Putin: “Laggiù non c’è democrazia, ma nessuno li bombarda”.

Riguardo alla Siria, questo paese è governato da un dirigente mussulmano che è passato ad esser considerato come un grande nemico dell’Europa e dell’America. I suoi avversari in Siria sono quelli che addestrano i terroristi, appoggiandoli contro il presunto “tiranno”. Ma ecco che il detto “tiranno” è quello che protegge i cristiani di rito occidentale ed orientale, esenta dalle tasse i loro templi, ma non per questo ha abbandonato le proprie convinzioni religiose. Putin non ha vacillato nell’ap- poggiare Assad, usando missili contro navi da guerra inviati dagli Stati Uniti. Le città siriane sono ridotte oggi a cumuli di macerie, i cristiani sono sgozzati, grandi moltitudini affamate si vedono obbligate a fuggire all’estero. In un’occasione, Putin ha toccato esplicitamente l’argomento:

L’America e i suoi alleati hanno cominciato a finanziare e ad armare direttamente i ribelli, permettendo di completare le loro fila con mercenari di diversi paesi. Permettetemi di domandare come fanno i ribelli ad ottenere denaro, armi ed esperti militari. Da dove proviene tutto ciò? Come è arrivato lo Stato Islamico a trasformarsi in un gruppo tanto potente, in una vera forza armata?” Ci si domanda se ciò non è in relazione con la vendita di petrolio e la sua estrazione nei territori controllati dai terroristi.

In concreto, le diverse azioni unilaterali imposte dagli americani e dai loro alleati, sia in Irak che in Libia ed in seguito in Siria, sono state un disastro. Bisogna sottolineare che le popolazioni civili sono diventate le prime vittime, in particolare le popolazioni cristiane, dal momento in cui le istituzioni governative che le proteggevano fino ad allora contro il fanatismo sono state deposte come in Irak ed in Libia, o messe sotto scacco dai ribelli, come in Siria.

Questa è la situazione. Contrariamente alle aspettative di alcuni teorici, secondo i quali la caduta dell’impero sovietico ha significato “la fine della storia” (Fukuyama dixit) e l’impianto dell’unipolarismo perfetto, con la guida e l’icona di modello degli Stati Uniti, oggi si va delineando un quadro diverso. La Federazione Russa, nata dalle ceneri dell’Unione Sovietica, dopo un decennio di logica instabilità, sta riuscendo efficacemente a confermare il suo ruolo di gigante internazionale. Il suo capo dello Stato si è trasformato nell’autocrata nemico, antitesi di un Occidente progressista e liberale.

Appendice

Putin è stato chiaro nel suo discorso a Valdai a settembre 2013: “Abbiamo abbandonato l’ideologia sovietica, ed al riguardo non ci sarà ritorno. Chi sostiene e idealizza il conservatorismo fondamentalista della Russia antecedente al 1917, sembra essere ugualmente lontano dalla realtà, come i sostenitori di un liberalismo estremo di stile occidentale”. B. Álvarez afferma in un articolo intitolato Russia contro la decadenza occidentale: “In questa nuova lotta la Russia sembra essersi impossessata della bandiera del tradizionalismo cristiano e sembra brandire i valori più conservatori di fronte alla ‘decadenza’ occidentale”. Patrick Buchanan, giornalista e politico repubblicano, che è stato consigliere di tre presidenti americani, Nixon, Ford e Reagan, parla delle vere intenzioni di Putin e del suo tentativo di adottare l’ortodossia come base fondamentale della cultura, della civiltà e dei valori umani che unisce la gente non solo della Russia ma anche dell’Ucraina e della Bielorussia. La Russia, continua, come “l’alternativa” alla decadenza dell’Occidente, questo è il messaggio che Putin sta mandando al mondo.

Sulla stessa linea scrive Patrick Buchanan: “Con la morte del marxismo-leninismo come credenza ferma nei paesi che solevano essere repubbliche sovietiche, la nuova guida russa sta costruendo una nuova catena che serva a raggruppare tutte queste nazioni di fronte (e contro) alla decadenza dell’Occidente (sia Europa che America) a cui antepone un mondo tradizionale carico di valori cristiani che la Russia sarebbe orgogliosa di dirigere”. Secondo questa nuova visione del mondo “la Russia sarebbe dalla parte di Dio, mentre l’Occidente sarebbe Gomorra”, conclude. Anche l’ex comunista Whittaker Chambers, già nel 1964 aveva cominciato a parlare di una “terza Roma” riferendosi a Mosca, come la nuova città sacra del cristianesimo. Non era fuori strada, perché Vladimir Putin ha cominciato a fare di Mosca qualcosa di simile ad un centro di resistenza all’edonismo secolare ed alla rivoluzione sociale che viene dall’Occidente. “Putin sta chiaramente piantando la sua bandiera (quella russa) dalla parte del cristianesimo più tradizionale”, di fronte alla rivoluzione occidentale che inalbera le bandiere del sesso, del divorzio facile, della promiscuità, della pornografia, dell’omosessualità, del femminismo, dell’aborto, dei matrimoni omosessuali, dell’eutanasia e del suicidio assistito…

La scrittrice e giornalista Masha Sessen, un’attivista dei presunti diritti degli omosessuali e delle minoranze a Mosca, sottolinea che Putin si sta collocando di fronte all’Occidente in una nuova Guerra Fredda nella quale non c’è una corsa spaziale ma culturale, sociale e morale, una guerra in cui la Russia, secondo lo stesso Putin, deve impedire al mondo di cadere nel “caos più oscuro”.

Mentre le altre grandi potenze avanzano nel mondo con una cultura sempre più lontana dal tradizionalismo, scrive Allan C. Carrison, Segretario Internazionale del Congresso Mondiale della Famiglia, la Russia difende i valori cristiani. È così, tanto che se durante la Guerra Fredda erano i comunisti di tutto il mondo ad andare in Russia, ora l’VIII riunione del Congresso Mondiale della Famiglia si celebrerà a Mosca.

Poco tempo fa, il 22 settembre 2014, il nostro amico Juan Manuel de Prada scriveva sul giornale spagnolo ABC: “Chi pensa che la Russia si intimorisca perché la opprimono con sanzioni economiche, pensa probabilmente ad una Russia snaturata e senza dignità, la Russia del dimis- sionario Gorbaciov o del beone Yeltsin… La Russia rinata da quelle macerie, con la convalescenza di una nazione che era stata sul punto di soccombere, torna ad essere la Russia sofferente che si contempla sul viso di Natasha Filipovna, l’eroina de L’idiota di Dostoevskij, che getta nel fuoco con un gesto di disdegno i centomila rubli che l’avrebbero salvata dalla povertà. In Guerra e pace Tolstoi osserva che la ricchezza ed il potere e tutto quello che gli uomini si affannano ad inseguire hanno per i russi solo il valore di potersi distaccare da essi. Non c’è che da ricordare, per comprendere questo distacco dalle cose materiali che caratterizza l’anima russa, l’accoglienza che i moscoviti riservarono a Napoleone, dando alle fiamme la loro città santa, scatenando su di sé e sul loro nemico tutti gli orrori possibili. Allora Napoleone esclamò: ‘Questi uomini sono pazzi’. Molti anni dopo, nel suo esilio di Sant’Elena, ancora rabbrividendo per l’infinita capacità di soffrire di quel popolo che avrebbe finito per infliggergli una sconfitta che lo annichilì, profetizzò che la Russia sarebbe arrivata a dominare il mondo. C’è chi pensa che la profezia divenne realtà proterva con Stalin; noi aneliamo che diventi luminosa realtà nella Terza Roma che avvistò Filoteo e che Solofiev definì come una ‘terza forza’ che avrebbe superato le forze oscure precedenti: l’unità senza libertà dell’Islam e la libertà senza unità dell’Europa neopagana”.

Su questo scenario emerge la figura di Putin. È al potere dal 2001 e forse vi resterà fino al 2024. La Costituzione russa glielo permette. Speriamo sia così.

Noi potremmo aggiungere a queste idee, per concludere, il ricordo delle promesse di Nostra Signora di Fatima secondo le quali quando la Russia sarebbe stata consacrata dal Papa e dai vescovi di tutto il mondo, si sarebbe convertita, e così come prima aveva diffuso il male in tutto il mondo sarebbe stata una fonte di bene universale. Ex oriente lux!

(Conferenza pronunciata dall’autore nella sede dell’Ordine degli Avvocati di Buenos Aires il 7 maggio 2015)

[1] Gladius e Mikael sono digitalizzati e accessibili sul blog di p. Javier Olivera Ravasi, S.E. http://www.quenotelacuenten.org/

Numeri di Gladius anche su: https://gloria.tv/post/EYVKyTzmX2Yh4yuwMscCVi8Gp

[2] Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini, 2000.

[3] Ediciones Gladius, Buenos Aires, 1989.

[4] Corporazione degli Avvocati Cattolici, Buenos Aires, 1989.

[5] Ediciones del Cruzamante, Buenos Aires, 1993.

[6] Ediciones Gladius, Buenos Aires, 2008.

[7] Ediciones Gladius, Buenos Aires, 1998.

[8] Ediciones Gladius, Buenos Aires, 1991.

[9] Il testo italiano è già apparso in Don Ennio Innocenti (a cura di), AA..VV., Russia: un nuovo inizio?, Ed. Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma, gennaio 2016, pp. 32-48.

Foto: Idee&Azione

22 febbraio 2023

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