Idee&Azione

Non tra i morti, ma tra i vivi

image_pdfimage_print

di Massimo Selis

Il Mistero Pasquale ha in sé un dinamismo di cui noi abbiamo perduto il significato. E questo inficia tutta la nostra esperienza spirituale. E, di conseguenza, la nostra esperienza più direttamente umana. Di più: non attingere a questo dinamismo ci rende privi di Vita perché significa confinare la Fede nell’ambito della “devozioncella inutile” come ebbe a dire una volta il nostro padre spirituale, o del legalismo asfittico. Nel Tempo Pasquale si è accerchiati da un mare di retorica, di belle espressioni tanto “spirituali”, ma non è poi così difficile avvertire la stagnante aridità di tutto questo parlare e scrivere. Si sente che la Verità e la Vita camminano altrove, perché in fondo ci siamo staccati dalla sorgente. Continuiamo ad abbeverarci, ma resta la sete. Siamo infantili consumatori del “supermercato della fede”, dove andiamo ossessivamente a prendere i prodotti esposti sugli scaffali. Ma la Vita è la forza che tutto regge, e che eternamente è in circolo. Per cui il giro deve essere completo. Non si può prendere senza donare a propria volta. Non si può celebrare veramente la Pasqua se non comprendiamo che noi stessi siamo chiamati a farci segno di resurrezione nel mondo, nella storia.

Il Testo Sacro utilizza due verbi per indicare quello che genericamente viene tradotto semplicemente con “risorgere”. Verbo, quest’ultimo, che in realtà non è presente nei Vangeli. Il primo è egheiro (svegliare) e si riferisce al passaggio di Gesù alla sua dimensione animica in cui prende su di sé – redime – l’intero creato. Il secondo verbo è anistemi (collocarsi in alto) che simboleggia la santificazione dell’uomo attraverso la Sua presenza nel mondo come Eucarestia.

E questa duplice azione e realtà è evidenziata anche da un duplice movimento: sulla Croce Gesù viene sollevato da Terra e attira tutto e tutti a sé; dopo essere spirato Egli viene deposto e collocato nel sepolcro, quindi un movimento discendente che va dal Cielo alla Terra. A questo dinamismo verticale si aggiunge la direzione orizzontale in cui si distendono le sue braccia sulla Croce per abbracciare l’intero orbe e testimoniare l’universalità del suo mandato.

E il secondo movimento, quello discendente, ci fa subito guardare in parallelo all’evento dell’Incarnazione. A Betlemme, Gesù nasce di notte, così come sul Golgota Egli muore mentre «si fece buio su tutta la terra». Il corpo del Cristo viene avvolto da un «candido lenzuolo» secondo il Vangelo di Matteo e deposto nel sepolcro-tabernacolo. Questo gesto ci rimanda al Vangelo di Luca che parla di un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia per farsi cibo.

Il termine sudario (in greco soudarion) se letto come sou-d’ari-ON, si può intendere: “La tua eccelsa Cosa” simboleggiante quindi le specie eucaristiche che come un velo sacramentale coprono il volto del Cristo.

Ecco che allora si può comprendere come con la Pasqua inizia il tempo dell’incarnazione dello Spirito, «un tempo nel quale ogni realtà umana diventa divina, perché l’angelo della resurrezione ha avvertito gli uomini di non cercare Gesù tra i morti, ma tra i vivi. E Gesù, facendosi vedere e toccare dai suoi discepoli, è la prova vivente che per mezzo di Lui la nostra mortalità è stata traghettata nella Vita Eterna.» come spiega don Vincenzo Romano.

Se abbiamo questa fede, se sperimentiamo questa Presenza, allora i nostri occhi possono dire con San Paolo che «passa la figura di questo mondo», e passa già qui, perché il verbo è al tempo presente! Se con Lui abbiamo intrapreso il nostro cammino che prima ci fa anime risvegliate per poi condurci, si spera, fino alla deificazione, allora diveniamo sensibili alla Vita, ne avvistiamo i Segni, ne comprendiamo il linguaggio. Recuperiamo la capacità di ascolto e di dialogo con il Signore, come avveniva per Adamo nel Giardino, sagoma dell’umanità primordiale. Del resto, il sepolcro non era forse collocato in un giardino? E alla Maddalena Gesù risorto non appare come il «custode del giardino»? Quanto ne guadagnerebbe la nostra vita spirituale se invece che banalizzarlo, tornassimo a leggere “in profondità” il Testo Sacro!

Oggi più che mai, in questo tempo sconvolto, abbiamo bisogno di recuperare questa dimensione della Fede, che ci chiama in causa, in prima persona, come cooperatori di salvezza. La Resurrezione a cui dobbiamo volgere il finale sguardo, è la nostra. Come il concepimento e la nascita di Gesù tramite Maria simboleggia la nostra chiamata a partorire il Cristo interiore, così il dinamismo della Croce e del Sepolcro simboleggia la nostra chiamata a sperimentare la nostra dimensione animica per poi incamminarci verso la santità-deificazione. Tutta la Bibbia parla del divenire del Cristo nel mondo, divenire che deve tradursi nel nostro divenire mentre ci facciamo sempre più simili a Lui. Il destinatario finale di ogni discorso teologico racchiuso nel Testo Sacro è sempre l’uomo a cui il Padre parla ancora, incessantemente.

Colui che comprende questa verità avrà lo sguardo rinnovato, il cuore purificato, la volontà rinforzata. Colui che si immette nella traiettoria del Cristo-Vita non potrà che osservare e comprendere come ogni cosa in questa società rovesciata sia ormai contro l’uomo e contro la Vita; non semplicemente sul piano morale, poiché le strutture stesse di questa società sono contro-iniziatiche! E da questa intima comprensione scaturirà la chiamata a costruire Vita, a operare con slancio creativo fuori dalle strette corsie delle dinamiche sociali che conducono tutte alla morte.

Si constata invece che predomina una “ideologia della vita” – la minuscola è d’obbligo – così come ci si aggrappa a delle false immagini di Dio: il tutto per rassicurarci e ad evitarci il rischio di metterci veramente alla sequela di Cristo. Abbiamo un rapporto con le regole, coi precetti, ma non con Dio. Perché prima di tutto non abbiamo più alcun contatto con la nostra anima. Se lo avessimo, sottolineando quanto detto prima, non potremmo non cogliere i Segni che Egli sta inviando, non potremmo non riconoscere come noi tutti manchiamo di vita, incapsulati nelle convenzioni di questa società che è assenza di vita per eccellenza. Viviamo come sezionati nei nostri io individuali su cui vorremmo poggiare un po’ di religiosità, mentre Cristo ci richiama all’unificazione in cui sperimentare la vera Comunione.

Pasqua è quindi risorgere dalle nostre piccolezze esistenziali e percepirsi come anima che deve incamminarsi verso la divinizzazione.

Pasqua è quindi divenire disponibili all’ascolto di Dio che sempre parla, che sempre opera nel mondo e chiede la nostra sincera attenzione.

Pasqua è quindi farsi prossimi a Dio perché il nostro intelletto venga da Lui illuminato. Così ad esempio S. Agostino interpreta le parole del Signore alla Samaritana in cui le chiede di tornare da Lui col marito (intelletto) per poter comprendere a fondo i Misteri che vuole svelarle. Perché una fede senza intelletto non è nulla.

Pasqua è quindi cercare Cristo tra i vivi, perché Lui è il Signore della Vita. Cercarne il volto nel prossimo, imparando il linguaggio “da anima ad anima”, a livello della nostra personalità profonda, laddove invece ci identifichiamo costantemente con quella superficiale e mondana.

Questo mondo si sta dissolvendo per mancanza di Vita, per mancanza di anime. Questo grido di dolore deve però tramutarsi in speranza. Che questa Pasqua ci ridesti dunque l’impulso che è nascosto dentro ogni uomo e che fa prorompere così il salmista: «L’anima mia ha sete del Dio vivente». Perché se ci allontaniamo troppo dalla sorgente della Vita, ci spegniamo, moriamo e rischiamo di far morire chi ci è attorno.

Foto: Pieter Paul Rubens, Resurrezione di Cristo, 1611-1612, Cattedrale di Nostra Signora, Anversa

10 aprile 2023

Seguici sui nostri canali
Telegram 
Facebook 
YouTube