Idee&Azione

Oltre l’ego per una cultura di pace

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di Maristella Tagliaferro

La via del sincretismo per una cultura di pace e amore è la proposta che parte dall’omonimo convegno organizzato dall’Associazione culturale Armonia di Noale (Venezia) che da sempre lo pratica con canti, danze, preghiere, meditazioni. “Non è difficile praticare il sincretismo se eliminiamo l’ego” ha sottolineato il fondatore Mario Attombri, per gli induisti Marioji Sri Guru Raja Yogi Lahari, che ha ricordato anche la necessità di un collegamento costante con gli elementi della natura. “Mantengo vivo un fuoco sacro che ho acceso nel 1966, e questo viene fatto in tanti luoghi del mondo – ha aggiunto Attombri -. Prima di parlare della guerra esterna, dobbiamo guardarci dentro ed eliminare le guerre con noi stessi, con i nostri fratelli, con i vicini”.

“La parola sincretismo è stata creata da Plutarco nel I secolo d. C.: viene da σύν «con, insieme» e Κρήτη «Creta», cioè alleanza dei Cretesi che hanno messo da parte le loro differenze – ha spiegato don Sergio Mercanzin, già fondatore del Centro Russia Ecumenica di Roma -. Le religioni hanno un substrato comune che le unifica non certo nell’omologazione a un modello ma al contrario nella valorizzazione reciproca: non c’è pace tra gli stati se non c’è pace tra le nazioni, e non c’è pace tra le nazioni se non c’è pace tra le religioni”.

“Uno studio approfondito delle religioni ha confermato quanto è scritto nelle antichi testi vedici, le Upanishads e i Sutra: siamo tutti Uno, siamo tutti figli della Sorgente: siamo venuti qui per vivere gioiosamente, armoniosamente, con amore” ha detto Sri Jayendra Swamiji successore di Sri Tiruchi Swamigal, nel suo intervento dal Kailash Ashram di Bangalore (India).

“Più la vita spirituale è vera, più porta un solo frutto: la gioia” ha sottolineato Bernard Rouch, scienziato dello spirito. Nato da madre spagnola buddista e padre francese cristiano, ha ricevuto i battesimi di entrambe le religioni ed è cresciuto a Delhi in una casa frequentata da maestri buddisti, cristiani, induisti, mussulmani. “Nella mia mente di bambino non c’erano differenze – ha raccontato Rouch -. Ho studiato scienze e ho conseguito tre lauree scientifiche: la meccanica quantica mi ha riportato a Dio, perciò sono diventato scienziato dello spirito. E’ facile parlare con le persone che tralasciano i dogmi e vivono l’essenza delle tradizioni: i santi ‘più avanti’ come San Francesco d’Assisi sono ammirati da tante religioni”.

“Stiamo vivendo la fine di un tempo, ma non è la fine dell’umanità, né del pianeta né tanto meno di Dio – ha sottolineato Alessandro Meluzzi, pope ortodosso di obbedienza copta etiope -. Maria, così silente nelle sacre scritture, è la voce delle profezie che si sono manifestate negli ultimi due secoli. Ci parla con trepidazione materna, per le difficoltà a superare la negazione di Dio, e con fiducia nella resurrezione individuale e dei popoli: l’amore sopravviverà anche alla fine dei tempi”.

“Non si può uccidere nel nome di Dio – ha sostenuto lo scrittore cattolico Luciano Lincetto che ha invitato alla riflessione –. In questa società si semplifica e si complica, difficilmente si riflette”.

 

Negli incontri dell’Associazione culturale Armonia, che conta un migliaio tra aderenti e simpatizzanti, si pratica il sincretismo dal 1987, l’anno della fondazione, imparando a pregare in tanti modi, forme, stili. La preghiera diventa naturale, varia, bella e facile, vi vibrano tutti i sentimenti filiali: abbandono, fiducia, tenerezza, attesa, audacia, amore. I canti sacri sono Indu, Sikh, Islamici, Ebraici, Cristiani, nelle lingue originali. Molti mantra sono dedicati alla Madre Divina: nell’induismo ha tanti nomi, Sri Rajarajeshwari, Lalhita, Amba, Kali, Durga, Saraswathi; gli antichi Veneti la chiamavano Reitia, la divinità suprema.

Ma la preghiera non basta. O meglio, per arrivare alle forme più alte di preghiera serve un lavoro interiore finalizzato alla libertà dall’illusione, da maya. Yogarmonia è quello proposto da Mario Attombri e dalla moglie Grazia, la compagna della vita: nel 1985, a Bangalore, Sri Tiruchi Swamigal riconobbe entrambi come “suoi figli divini” e li denominò Marioji e Graziaji.

L’invito è conoscere sé stessi, secondo la massima dell’Oracolo di Delfi, la preferita di Socrate: γνῶϑι σεαυτόν, nosce te ipsum.

Allo scopo di riscoprire il Sé profondo, non duale, unico. E realizzare sé stessi.

Come? Con l’attenzione e la pazienza che risvegliano l’essere umano e lo rendono consapevole del dono del libero arbitrio. Si parte dal corpo che viene allenato con le tecniche di Yogarmonia, un tipo di Yoga messo a punto per gli occidentali del nostro tempo. “Yogarmonia è in grado di reintegrare nell’essere umano le componenti di materia e spirito, unificandole, fino all’unione con la Fonte Suprema – spiega Attombri -. Aiuta a dissipare le tenebre superando il groviglio di contraddizioni, passioni e pulsioni nascoste, conflitti della mente che avvelenano l’esistenza. Per arrivare, attraverso la meditazione, a quella pace interiore che è nell’essenza più profonda di ogni creatura”.

Una meditazione estatica praticata anche attraverso le danze sacre, apprese da Attombri nei viaggi in cinque continenti iniziati da adolescente con il suo secondo maestro, un derviscio – il primo era stato il parroco del suo paese, Cappelletta di Noale, quel don Antonio Bordignon che gli insegnò a non avere mai paura, ad essere sempre sé stesso, libero da ogni condizionamento.

Accanto alla danza cosmica di Shiva Nataraja, a quelle dei nativi americani, la danza Sufi Samâ, proposta dal poeta mistico persiano Gialāl ad-Dīn Rūmī, conosciuto anche come Mawlāna (“Nostro Signore”) che a Konya, in Asia Minore, nel XIII secolo fondò la confraternita religiosa dei Mawlawìyya, i “Dervisci rotanti” o “folli di Dio”.

“Come gli atomi danzano … gli atomi dell’aria e del deserto … le anime perse nell’estasi, danzano … Ogni atomo, felice o miserabile, è folle di quel Sole di cui nulla si può dire” recita una poesia di Rūmī che descrive questa danza dichiarata dall’Unesco Patrimonio intangibile dell’umanità nel 2008.

I tamburi, che vibrano come rombo di tuono, sottolineano il ritmo eterno del Cosmo, di ogni cosa della vita. Il loro suono è simile a una ritmica onda che si infrange e si ritira, in un perpetuo moto di espansione e contrazione.

La ricerca dello spirito, del sacro Sé, che riporta alla vibrazione della natura, della vita, del Cosmo.

“Per evolvere è necessaria la sadhana, la pratica spirituale quotidiana: non è sufficiente leggere libri o fare il corso del fine settimana per pensare di sapere e magari proporsi come maestri. Dopo 40 anni di sadhana cominciamo a comprendere il libero arbitrio, la capacità di scelta che consente la cosmocultura, o cultura della vita, che abbraccia totalmente l’esistenza – afferma Attombri -. E’ il vivere in simbiosi con la natura, inteso come unità tra umanità, animali, piante, minerali, ma anche sole, luna, stelle, l’intero cosmo: una via indispensabile al sorgere di una nuova era in cui possano regnare dignità, libertà, comprensione, pace, amore. Soltanto superando la dualità riusciremo a conoscere noi stessi e gli altri, a non crocifiggere nessuno, a qualsiasi confessione di fede appartenga. Elevare il dharma, le giuste azioni, è il compito di ciascuno di noi e dell’intera umanità”.

Foto: Maristella Tagliaferro

21 maggio 2023

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