Idee&Azione

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    Sull’identificazione ermetica

    Il Discorso, la diànoia, il dis-correre, è il correre tra una proposizione ed un’altra, tra un Ente e un altro, “e l’Essere?” incalza Heidegger, sfidando la nostra erudita alterigia, “che ne è dell’Essere?” insiste il Sapiente ed è la Domanda: che ne è del Divino, della Luce, della Vita, del Mondo e della sua Anima? Che ne è della tua vera natura che è Divina come quella del Mondo?

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    L’esoterismo della Tradizione di Roma svelato dai simboli e dalla dottrina della Filosofia Ermetica

    Noi possiamo cogliere la dimensione profonda, sostanziale, in una parola l’ontologia del ciclo eroico-guerriero romano (come anche di quello ellenico) solo “guardandolo” dal punto di vista ermetico-alchemico.

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    Assenza della coscienza e conoscenza di sé in Plotino ed Hegel – II parte

    Tutto quello che si è già esplicitato in relazione a come Plotino affronta la tematica che stiamo trattando, con l’auspicio di farlo in guisa quanto più esaustiva sia possibile, vale totalmente per lo stesso Hegel, anzi soprattutto e solo per il sapiente Svevo; e ciò per la semplice ragione che la quaestio fondamentale che egli ha affrontato in tutta la sua esperienza di vita e di pensiero è stata proprio ed esclusivamente, e ci esprimiamo obbligatoriamente in un lessico filosofico moderno, quella relativa alla tragica frattura tra soggetto ed oggetto, tra Pensiero ed Essere, madre oscura e tenebrosa di tutte le fratture dalla stessa provenienti quali: Stato e Società, Etica e Morale, Etica ed Economia, Scienza e Religione, Fede e Sapere, Uomo e Natura.

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    Assenza della coscienza e conoscenza di sé in Plotino e Hegel – I parte

    Per poter comprendere il discorso che ci accingiamo ad esporre è necessario compiere un notevole sforzo intellettivo al fine di tentare di uscire dalla gabbia mentale della cultura moderna: la Tradizione Classica greco-romana non ha conosciuto il concetto di coscienza e quindi nemmeno la parola che potesse corrispondere allo stesso. Basti pensare che tutti gli autori sia greci che romani, nelle loro opere, non hanno quasi mai usato la parola “io” ma sempre il “noi”! È questa verità che è necessario affrontare e… “digerire” onde tentare di avvicinarsi alla immensa e coincidente sapienza, su tale fondamentale tema, sia di Plotino quanto di Hegel.

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    Storia e Metastoria della Romanità

    In virtù di un innamoramento genetico (da genius) della Romanità, che consente l’ingresso in uno stato esperienziale dello spirito analogo a quello di cui parla Aristotele[1] a proposito dei Misteri (“ouk mathéin alla pathéin” – “nei Misteri non è questione di apprendere ma tutto è esperienza animico-emotiva“), non può non giungere alla coscienza la domanda filosofica fondamentale che, se riguarda il “che cos’è” della “cosa” amata, riguarda, anche e soprattutto e sotto un altro profilo, il “chi è” dell’amante: se la Romanità è la nostra Tradizione, come anima dell’Europa elleno-romano-germanica e cioè indoeuropea, cos’è la Romanità?

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    Il concetto di eterno in Hegel

    In un passo della Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto (Bari, 2004 p. 14) Hegel ha coniato quella famosa, per non dire famigerata, duplice affermazione: “ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale”, sulla quale, da quasi duecento anni, non solo si è detto di tutto, ma la si è interpretata in guisa talmente distorta e mistificante che la autentica intenzione di chi l’ha formulata è stata eliminata e, nel tempo, cancellata.